Stanno lavorando da giorni, gli studendi IUAV di Venezia ospiti di Teatro Due, per concepire, allestire, ricercare intorno a un testo di Martin Crimp, Attentati alla vita di lei, da cui prenderà spunto l’esito del laboratorio.

La traduzione Margherita D’Amico; in scena ci saranno Francesco Bianchi, Alexandra Brett, Laura Callegaro, Teodorico Carfagnini, Federica Cecco, Beatrice Forchini, Chiara Girlando, Luca Giombi, Matteo Lelli, Giovanna Pozzato, Gianluca Scoglio; con loro anche Georges Delajoux, batteria, Chiara Girlando, tastiere, Katerina Matijević, tastiere, Walter Stefani, chitarra e basso, voce Alessia Grassellini; le musiche originali sono di Georges Delajoux, Chiara Girlando, Katerina Matijević, Walter Stefani; l’allestimento scenico è di Luca Giombi, Martina Pozzan, Giovanna Pozzato; i costumi di Matteo Lelli e Federica Cecco; i dramaturg sono Francesco Bianchi, Ippolita Signorelli; i collaboratori alla regia e alla produzione Camilla Carniello, Gaia Gastaldello e Ippolita Signorelli; la regia è di Francesco Lanfranchi.

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Dalle loro note sul progetto:

 Martin Crimp ci consegna un play, un gioco con diciassette schemi di partenza diversi: diciassette materiali testuali, sviluppati in dialoghi appartenenti a mondi infinitamente distanti fra loro, pronti per essere messi in scena con l’ironia che precede il caos. Attempts on her life non sembra altro che uno scherzo, l’estremo tentativo di un drammaturgo erede di Beckett e Pinter di scardinare “il nulla” elevato ad arte dai due maestri inglesi del Novecento e sostituirlo con un altro “nulla”, incredibilmente più assurdo e vuoto. Il Big Bang dopo la guerra atomica, puro terrorismo artistico. Siamo alle soglie del nuovo millennio, il teatro inglese vive una stagione di fermento grazie al lavoro di Sarah Kane, Mark Ravenhill e Anthony Neilson. attentati2Il critico Aleks Sierz conia addirittura l’espressione in-yer-face theatre per descrivere un’ondata di testi che non si premurano certo di ripulire l’enfasi, il lessico e il ritmo da strada dei dialoghi che vengono così letteralmente “sbattuti in faccia” agli spettatori. Anche a Crimp viene impressa questa etichetta, ma il lavoro del drammaturgo, sempre così attento a scivolare fuori dai canoni e a defamiliarizzare il contesto, oltrepassa qualsiasi modello critico. Attraverso questi diciassette tentativi di scrittura di una storia che descriva “lei” e che nel frattempo la distrugga, Crimp denuncia la piega salottiera e semplicistica della produzione artistica e della critica d’arte contemporanea. Questo lavoro di scomposizione delle dinamiche tradizionali di creazione, messa in scena e percezione di un testo, volto a scardinare le convenzioni attraverso le quali esso viene scritto, interpretato, letto, ascoltato, visto e giudicato, è esattamente il tema di cui Crimp ci vuole parlare, evitandolo accuratamente. attentati4La nostra attenzione viene deviata e si concentra sulla molteplicità dei tentativi di racconto. L’autore sembra mirare esattamente alla confusione, al non-sense, alla diversificazione, creando 17 contenitori che non comunicano, e non vogliono comunicare, alcun contenuto. Anne, la non-protagonista, è il pretesto per mettere in piedi un lavoro teatrale, per far partire la macchina, è il catalizzatore di attenzione che sempre sfugge alla definizione; in ogni scena “lei” è fonte di un dibattito diverso, che inganna con falsi rimandi a precedenti descrizioni, che incastra attori e registi non appena tentano di cucirle addosso un personaggio. Crimp evita qualsiasi domanda, qualsiasi impegno e ovviamente, qualsiasi risposta; eppure, ci sfida, creando uno specchio del caos contemporaneo. È una parte della teoria della comunicazione a saltare: l’emittente diventa codice, il ricevente diventa canale. attentati6Lo spettatore e la sua attenzione infatti sono gli strumenti attraverso i quali la cultura si ribella al modello, escogitando messaggi autoreferenziali che probabilmente non verranno mai ascoltati né compresi. Un saggio di questo attentato alla cultura, veicolo di assenza, è dato proprio dalla prima scena dove Tutti i messaggi sono stati cancellati: parole incise sulla segreteria telefonica che lo stesso autore dà la libertà di non rappresentare.

Dicembre 2014 –  La messa in scena Iuav

«Questo testo è destinato ad una compagnia di attori in modo da rispecchiare la composizione del mondo al di là del teatro. Ogni soggetto in parole – il dialogo – deve distendersi all’interno di un mondo distinto – un disegno – che meglio esprima la sua ironia.

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Un trattino a inizio battuta (–) indica un cambiamento di speaker. Se non c’è trattino dopo una pausa, significa che c’è ancora lo stesso personaggio a parlare. Una barra ( / ) segna il punto di interruzione in un dialogo sovrapposto.

Nella messa in scena, il primo scenario, Tutti i messaggi sono stati cancellati, può essere tagliato.»

Le regole del gioco, vere e proprie “istruzioni per l’uso”, sono poste come incipit del testo, uniche indicazioni del drammaturgo inglese, salvo qualche consiglio sulle pause e i silenzi, o il cambio di lingua. Il resto è pura invenzione di attori e registi, una sfida a giocare con lui e con il pubblico.

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Ed è questa sfida che gli studenti dell’Università Iuav di Venezia raccolgono nel gennaio 2013, portando un primo studio al Venice Open Stage, festival del teatro universitario di Venezia, nel luglio dello stesso anno.

Un primo risultato del lavoro drammaturgico è la presa di coscienza di un’assenza. L’aver scoperto che il testo non ci parla di una storia e di una protagonista che agisce in una trama lineare e definita, ma dell’assenza di entrambi (plot e personaggio) è un primo traguardo, come un avanzamento di casella al gioco dell’oca.

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Coraggiosamente il lavoro su questo testo scevro di qualsiasi appiglio, continua. Alcuni giocatori abbandonano, altri si aggiungono.

L’approccio è quello della costruzione step-by-step, a seconda delle forze, dei talenti e delle specificità degli attori in campo. Venti giovani appartenenti a diversi corsi di studio (la triennale di Architettura, quella di Design della moda, Arti visive e Teatro e la magistrale di Scienze e Tecniche del Teatro) lavorano a questo progetto, intensamente, e gli amici intorno aiutano, curiosano, partecipano. Una vera e propria fucina per riscrivere il messaggio, non lasciarlo cadere, trovare il referente giusto a cui poterlo veicolare.

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La struttura dello spettacolo allora non è un’idea che si è voluta stampare sopra la volontà del testo e del suo autore, ma un tentativo di trovare la giusta azione per rappresentarlo con ironia. Ogni quadro rappresenta un mondo definito, ma allo stesso tempo aperto alla relazione con tutti gli altri, pur di non crollare.