Dopo il lavoro su Erodiade di Giovanni Testori andato in scena nella stagione passata, Sepe e Paiato sono di nuovo insieme per affrontare il testo di Annibale Ruccello, autore di Castellammare di Stabia scomparso 25 anni fa ancora giovanissimo. La versatilità e l’intensità di Maria Paiato trovano in questo monologo tutto femminile espressione e esaltazione, dando voce e toni alla protagonista sempre diversi, fino al noir. Ed è proprio a partire da questi risvolti oscuri che il regista costruisce una tensione hitchcockiana durante tutto lo spettacolo, sfruttando appieno le doti della Paiato (Premio UBU 2005 per Maria Zanella), che restituisce morbosamente, attraverso le espressioni del viso, le movenze e la voce, l’esperienza interiore del suo personaggio, il suo desiderio di possesso che confluisce nella disperazione del gesto finale. Ruccello ha delineato una figura femminile sul limite della follia o dello sdoppiamento della personalità, anticipando l’imminente decomposizione della struttura sociale italiana, e in particolar modo delle sue donne terribili, professoresse o impiegate pubbliche, la cui quotidianità affonda in un perversione omicida da cui non escono né come sante, né come mostri, ma come modelli deviati del presente.

Il testo di Ruccello è insidioso e pieno di trabocchetti. Il delirio naturalistico e minimale, ambientato in una miserabile Italietta degli anni ’60, può sembrare, ad una lettura poco attenta, banale. Ma, ad uno sguardo più accorto non sfugge la mostruosa e depravata sottocultura piccolo-borghese che invade ogni respiro del dramma incarnandosi in una donnina in apparenza docile e insignificante. L’intelligenza dell’autore sta nel nascondere dietro la follia della normalità, un processo culturale drammatico che ha vissuto il nostro paese; la protagonista del dramma porta in sé la miseria degli anni in cui divenne più importante avere, piuttosto che essere. Il nostro studio segna un primo approccio a questo dramma complesso e dal significato profondo e doloroso.                                                   

Pierpaolo Sepe