Tra un guard-rail e l’altro, nel mezzo della notte di Pasqua, in una terra di nessuno, lungo un pezzo di autostrada a due corsie che è uguale e diverso da tutti gli altri, una macchina perde il controllo e invade la corsia opposta. La tabella di marcia si arresta, in un tempo sospeso finisce un viaggio e ne cominciano altri, la mappa si accartoccia sul cruscotto e la meta è improvvisamente cambiata.

Due auto si scontrano: una coppia gay  di intellettuali diretta a Berlino per le feste di Pasqua e un trio russo-islandese-israeliano che si spaccia per un ensemble di musicisti tedeschi, all’inizio di un’entusiasmante tournée nei ristoranti altoatesini, con a carico una giovane autostoppista.

La colonna dell’ S.O.S. è a destra o a sinistra, quando arrivano i soccorsi?

Nell’attesa un cabaret metafisico prende forma dalla nebbia di un’autostrada deserta; un centinaio di metri d’asfalto si popolano di umanità zoppe. Poco lontano, a una stazione di servizio, ci sono un benzinaio incagliato tra gasolio e metano, che affoga i suoi solitari pensieri nell’alcool, la sorella con problemi mentali e visioni mistico-religiose, che aspetta la Madonna al solito incrocio, e un anziano transessuale nel suo elegante abito da conquista, un magnaccia in piena regola…

Nel vuoto delle anime che l’asfalto assorbe, nelle pause della linea bianca che traccia un limite non rispettato, questi pezzi di uomini incastrati in loro stessi ingannano un’attesa.

 

Siamo tutti dentro e il crash non è più rimandabile; la passione laica dei nostri tempi ha cominciato il suo corso.

 

La nuova creazione di Michela Lucenti si delinea dunque come un’opera totale e multiforme, in cui la danza, il canto, la recitazione, la musica formano un canto corale, un racconto politico e poetico di un’umanità straordinariamente comune, una partitura popolata di riletture e trasformazioni di composizioni polifoniche.

L’ambiente sonoro in cui si muovono i personaggi è rarefatto e si compone di atmosfere notturne e grottesche, che si mescolano in un gioco ritmico pieno di disperata comicità, ottenuto attraverso la manipolazione di oggetti scenici e strumenti musicali, dalla fisarmonica al pianoforte giocattolo. E’ la musica dal vivo a creare e distruggere gli spazi dell’azione. A questa si aggiunge la coralità di un improvvisato campeggio di anime, in cui voci e corpi s’incastrano in canti e danze al limite della farsa.