Fondazione Teatro Due dedica un focus a Juan Mayorga, il drammaturgo contemporaneo spagnolo che ha messo al centro della sua produzione il relativismo e con i suoi testi ironici, acuti e lucidamente disperati indaga le verità più scottanti dell’oggi. Dal 10 al 26 marzo a Teatro Due di Parma verranno presentate tre produzioni dirette da Gigi Dall’Aglio, due prime nazionali, un workshop di drammaturgia rivolto ad attori e drammaturghi e un incontro aperto al pubblico.

Per la prima volta in Italia debutterà sulla scena la suite di piccolissimi testi Teatro Para Minutos, che si alternerà con Hamelin, anche questo in prima nazionale ed Himmelweg (la via del cielo).

Il workshop, dal titolo Lo spettatore e il suo doppio, colloquio con Juan Mayorga, si svolgerà il 14, 15 e 16 marzo mentre l’incontro con il pubblico il pomeriggio di giovedì 16 marzo.

Matematico, filosofo, traduttore e drammaturgo Juan Mayorga è un autore madrileno eclettico e di grande spicco, considerato uno degli autori più rappresentativi della sua generazione insignito d’importanti riconoscimenti, fra cui quello di miglior drammaturgo nel suo paese. Il grande successo della sua scrittura risiede in uno stile inconfondibile e nella capacità di trattare temi spinosi ed attuali, come la pedofilia, il male o il rapporto tra arte e potere, senza la cosiddetta “patada en la puerta”, espressione spagnola che indica lo sfondare la porta a calci; Mayorga è artefice di un racconto che non ha bisogno di atti espliciti per svelarsi, in netto distacco dalle tendenze del teatro contemporaneo. Per Mayorga la filosofia e l’arte hanno il compito di mostrare una realtà non più evidente, e, come il teatro, non possono slegarsi dalla politica. I suoi strumenti sono infatti la pura potenza delle parole e il linguaggio, affidati allo spettatore e alla sua immaginazione.

“Quando ho letto per la prima volta i testi di Juan Mayorga – afferma il regista, Gigi Dall’Aglio – ho avuto la sensazione che il Teatro avesse trovato la chiave per chiudere la grande tradizione drammaturgica del secolo scorso e aprirne una nuova nel terzo millennio. Nei suoi drammi, ai toni lucidamente disperati di una lingua drammatica ellittica, si sovrappone la necessità di una ricollocazione delle follie di una Storia accelerata e globalizzata, che tende a presentarsi come esaustiva.”