IVANOV

di Anton Čechov
traduzione Danilo Macrì

con
Nicolaj Ivanov Filippo Dini
Anna Petrovna Sara Bertelà
Conte šabel’skij Nicola Pannelli
Pavel Lebedev Gianluca Gobbi
Zinaida Savišna Orietta Notari
Saša Valeria Angelozzi
Dottore L’vov Ivan Zerbinati
Marfa Babakina Ilaria Falini
Michail Borkin Fulvio Pepe
Kosych Filippo Dini
Avdot’ja Nazarovna Sara Bertelà
Primo ospite Fulvio Pepe
Secondo ospite Nicola Pannelli
Gavrila Ivan Zerbinati

assistente alla regia Carlo Orlando
scene e costumi Laura Benzi
musiche Arturo Annecchino, Luca Annessi (assistente)
luci Pasquale Mari

regia Filippo Dini

produzione Fondazione Teatro Due, Teatro Stabile di Genova

Dal 2 all’11 ottobre
Milano
Teatro Franco Parenti

17 e 18 ottobre
Lugano
Teatro Lac

Dal 20 ottobre all’1 novembre
Genova
Teatro Stabile

Dal 3 al 15 novembre
Roma
Teatro Eliseo

17 novembre
Vignola
– Teatro Fabbri

18 e 19 novembre
Pordenone
Teatro Verdi

dal 25 al 29 novembre
Imola
Teatro Stignani

Dal 16 al 20 dicembre
Trieste
Teatro Rossetti

“In Čechov il tragico appare sempre un po’ assurdo”, ha affermato Peter Brook ne Il punto in movimento (Ubulibri, Milano – 1988), ed è in questa dimensione tragica e allo stesso tempo assurda, grottesca, che il regista e attore Filippo Dini ha immerso il suo Ivanov: una messa in scena con 9 attori  che donano vivida coralità all’affresco di un’umanità alla fine, una società sull’orlo del baratro che avverte l’arrivo dell’apocalisse che di lì a poco spazzerà via la realtà conosciuta (altri 30 anni infatti e sarà rivoluzione).

Il testo ha la nuova traduzione di Danilo Macrì, le scene e i costumi sono ideati da Laura Benzi, le luci disegnate da Pasquale Mari e le musiche scritte da Arturo Annecchino.

Prima delle sue grandi opere teatrali, scritta nel 1887 a 27 anni, in Ivanov Čechov racconta gli ultimi anni di vita di un uomo che fa i conti con la propria inadeguatezza verso il mondo e con l’irrimediabile perdita di ogni speranza nei confronti della vita. La sua lotta contro le forze esistenziali opposte che lo stritolano e lo ostacolano quotidianamente nei rapporti con i suoi amici, con i suoi nemici, con sua moglie, si dispiega in scena attraverso un’emotività e una brutalità dirompenti. Uomo superfluo, così si autodefinisce Ivanov, qualcuno che non riesce ad applicare le proprie energie alla vita e soccombe al proprio destino. Non ama più la moglie, Anna Petrovna, che per sposarlo ha abbandonato la propria famiglia e la religione ebraica, e assiste impotente alla sua morte per tisi, così come assiste senza agire alla decadenza irrimediabile della sua tenuta. Saša, giovane figlia di facoltosi vicini, lo ama da sempre e dopo la morte di Anna tutto è pronto per le nuove nozze. Ma per Ivanov non ci sarà scampo, vittima di sé stesso e del proprio destino.

Attraverso la figura dell’uomo inutile, personaggio ricorrente nella grande letteratura russa, che non riesce a spingere il proprio cuore oltre la paralisi del mondo e la propria volontà oltre l’immobilismo, Ivanov racconta la crisi e il declino di un’intera società e di un’intera epoca, che pare impazzita a causa del “virus” incarnato dallo stesso Ivanov. Un male, quello del protagonista, che “può essere letale – come ha affermato Filippo Dini – può portare alla perdita di ogni capacità vitale, alla morte della passione, dell’ entusiasmo; a causa di questo virus le nostre migliori qualità possono deperire fino a farci ammalare. Può spegnere la nostra capacità di sognare una vita più felice e più serena, la nostra voglia di ascoltare le persone che abbiamo intorno e che amiamo, il desiderio di comprendere i limiti dei nostri simili, l’ardore di amare senza condizioni e misura”.

Čechov sembra esortarci tutti a confrontarci con il nostro Ivanov interiore. Ecco perché la sua morte, autoinflitta, sarà attesa per tutta la durata della pièce, perché per dirla con le parole dello stesso Čechov, “questa morte serve per cominciare nuove imprese”.

L’Ivanov di Filippo Dini sfata la convinzione che la prima delle grandi opere teatrali di Čechov sia un testo noioso e polveroso. La noia, certo, è uno degli argomenti cardine della commedia, anzi, principalmente in tutta la sua produzione letteraria l’autore si è occupato proprio di questo: descrivere i modi più disparati che l’uomo escogita per sottrarsi alla noia. La regia del giovane e già pluripremiato Filippo Dini, anche in scena nel ruolo di Ivanov, e un formidabile ensemble di attori, danno vita a personaggi portatori di un infuocato desiderio di resistere allo spleen che li attanaglia, creando una messinscena di coinvolgente passionalità e trascinante ironia.