La trappola che Pirandello scrive nel 1912 è, forse, la novella più filosofica e disperata dell’autore siciliano. Con l’ironia amara e la feroce misoginia che lo rendono unico, il genio assoluto di Pirandello con quest’opera raggiunge uno dei punti più alti della sua poesia. Il racconto originale La trappola, contenuto nelle Novelle per un anno, è una densa summa dei temi della poetica pirandelliana che in poche pagine emergono quasi tutti: la contrapposizione tra vita e forma, il relativismo, la fragilità delle convenzioni sociali, la crisi dell’identità. La novella è un monologo di un individuo che confessa a un anonimo interlocutore le proprie ossessioni, affermando in questo modo una delle tesi care a Pirandello: l’inconsistenza della persona in quanto costruzione, la realtà artificiale che maschera la realtà vera e profonda.

Un uomo si muove nella sua casa. Di là, fuori scena, un uomo piange. È il vecchio padre di quell’uomo solo. Il vecchio mangia imboccato, i bisogni corporali se li fa addosso come i bambini piccoli. E piange. Piange senza un’apparente ragione. La casa è piena di oggetti della realtà di quell’uomo. Sono i mobili che appaiono come sospesi in un’immobilità che inquieta. Questa casa è una trappola. Il pensiero di quest’uomo è una trappola. Il venire al mondo dell’uomo è cadere nella trappola. Le donne sono trappole. I sentimenti, le opinioni, le abitudini, i concetti sono trappole. Il corpo stesso intrappola la vita condannandolo alla morte.

Gabriele Lavia