Ancora una commedia classica e ancora Aristofane: l’Ensemble Stabile Attori di Fondazione Teatro Due prosegue il confronto con i classici del teatro per interrogare il passato e scandagliare il presente, nella convinzione che il teatro eterno scritto dai padri della scena abbia in sé molte risposte e sappia porre le giuste domande, con un sorriso amaro, una risata leggera, un pensiero poetico.
Qui il bersaglio satirico esplicito di Aristofane è Socrate e la sua arte oratoria, persuasiva e seduttrice; quello implicito e attualissimo sono più in generale i fabbricanti di verità, capaci con il potere della parola di convincere l’uomo medio a fare, pensare, credere quello che desiderano. Una riflessione leggera eppure tagliente sulle armi di persuasione dell’arte oratoria e sulla forza che le parole hanno quando volte a fini non meritevoli.

Il contadino Strepsiade è perseguitato dai creditori a causa dei soldi che suo figlio Fidippide ha dilapidato alle corse dei cavalli. La soluzione alla perdizione del figlio è mandarlo alla scuola di Socrate, ove apprendere come prevalere negli scontri dialettici e, pensa Strepsiade, vincere le cause contro i creditori. Fidippide però si rifiuta di raggiungere Socrate e così il padre decide di recarvisi lui stesso. Socrate invoca l’arrivo delle Nuvole, divinità da lui adorate che si presentano puntuali sulla scena, ma Strepsiade non comprende nulla dei discorsi che gli vengono fatti e viene quindi cacciato. Fidippide, incuriosito dai racconti del padre, decide infine di andare a visitare il pensatoio e quando arriva assiste al dibattito tra il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore: nonostante i buoni propositi e i sani valori proposti del primo, alla fine prevale il secondo. Fidippide impara la lezione e insieme a Strepsiade riesce a mandare via due creditori; il padre è contento, ma la situazione gli sfugge subito di mano: Fidippide comincia, infatti, a picchiarlo, e di fronte alle sue proteste il figlio gli dimostra di avere tutto il diritto di farlo. Esasperato e furioso, Strepsiade dà allora alle fiamme il Pensatoio di Socrate, tra le grida spaventate dei discepoli.

Chi non ha coscienza della propria ignoranza.
Chi crede di sapere tutto senza bisogno di ascoltare nessuno.
Chi crede che la cultura serva solo a succhiare soldi.
Chi crede che la cultura abbia senso solo se si rende conforme alla sua pancia.
Chi non ha mai dubbi.
Chi ha solo certezze.
Chi ha la certezza che siano sempre gli altri la causa dei propri fallimenti.
Chi pensa che i problemi si risolvano eliminando chi li solleva.
Chi non ha mai mosso un passo perché tanto è tutto uguale.
Chi è sordo a ciò che è diverso.
Chi non ha orizzonti.
Ecco il nuovo protagonista di Aristofane, Strepsiade. L’“eroe” sbagliato che viene messo alla prova nel vortice di una nuova teofania: quella delle nuvole. Dense e leggere, servizievoli e catastrofiche, disponibili e vaporose, assenti e presenti, variabili e stabili, concrete e ondivaghe, mettono in crisi il pensiero con la loro femminile varietà.
L’antagonista è un falso intellettuale, con le sembianze di Socrate e il nostro “eroe”, continuamente provocato dalle suggestioni dal suo nuovo credo meteorologico, opterà per una soluzione finale dal sapore tragico: rimozione della cultura.
Il Socrate di Aristofane è niente di più che un espediente drammaturgico usato per suscitare le reazioni senza riscatto del protagonista Strepsiade. Il pubblico del tempo si divertiva nel cogliere la reale rivalità culturale tra il filosofo e l’autore della commedia. Forse, però, anche se le premesse erano nell’aria, Aristofane non poteva certo immaginare che pochi anni dopo l’uscita della sua commedia, nella realtà della storia, il mondo democratico e conflittuale di Atene si sarebbe liberato della presenza di Socrate (coscienza dell’ignoranza) decretandone la morte…
L’improponibile “eroe” oscuro di Aristofane si prendeva la sua rivincita, ma la Storia si sarebbe incaricata di ristabilire gli ordini di grandezza.
E noi poveri guitti lacerati tra verità e menzogna, tra realtà e rappresentazione, tra paradosso e quotidianità ci barcameniamo ancora una volta sotto un cielo sempre incerto, confuso, mosso da nuvole scure e severe o rapide e gioiose.

Ensemble Attori Teatro Due

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