Nel 1941 l’intera cittadina ceca di Terezín (in tedesco Theresienstadt), nata a fine ‘700 come città fortezza, venne destinata dalla Gestapo a ghetto, diventando un vero e proprio campo di concentramento con funzione di smistamento e transito per ebrei destinati ad Auschwitz.
I documenti relativi ai trasporti ferroviari indicano che tra il 1941 e il 1945 vennero deportati a Terezín più di 140.000 ebrei, dei quali un quarto morì nel campo, principalmente a causa di fame, stress, e malattie. Più di 88.000 furono i deportati dal campo verso i ghetti orientali e i campi di sterminio, alla fine della guerra i sopravvissuti erano 17.247.
Ma non è la “banalità” di questi dati a rendere celeberrimo il campo, bensì il programma di abbellimento a cui, nel giugno del ‘44, lo sottoposero i nazisti per prepararlo alla visita di due delegati svizzeri della Croce Rossa Internazionale e due rappresentanti del governo Danese.
La visita della Croce Rossa a Terezín, non fu certo l’unica visita a un campo nazista, ma è sicuramente la più famosa, dato che i tedeschi poterono usare quell’episodio come potente mezzo di propaganda.
Già nel ‘42 si cominciava a parlare degli orrori dei campi di concentramento, e in particolare il governo danese premeva per conoscere le condizioni dei 466 ebrei danesi deportati a Terezín nell’ottobre del 1943, i tedeschi non poterono rifiutare la visita senza destare sospetti. Nella primavera del 1944 i nazisti cominciarono ampi miglioramenti del ghetto in preparazione della visita della Croce Rossa: furono aperti dei negozi, perfino un caffè, costruiti un parco giochi per bambini, un auditorium per la musica, piantati alberi e fiori. Inoltre per eliminare l’impressione di sovrappopolazione del campo e nascondere gli effetti della malnutrizione, 7.500 ebrei giudicati “impresentabili” vennero deportati ad Auschwitz.
Gli altri furono istruiti per recitare una grande messinscena.
La visita ebbe luogo il 23 giugno e durò dalle dieci del mattino alle sei di sera. La delegazione venne guidata dal comandante del campo Karl Rahm e da Paul Eppstein, capo del consiglio ebraico; ai visitatori fu concesso di guardare ovunque, di aprire ogni porta e soddisfare ogni curiosità, fu loro offerta addirittura la visione di uno spettacolo: l’opera Brundibàr scritta dal deportato Hans Krása ed eseguita dai bambini del campo.
Il delegato della Croce Rossa, Maurice Rossel fece molte fotografie e nel suo rapporto scrisse con meraviglia di essersi trovato in un luogo accogliente e di aver visto una “normale città di provincia” e aggiunse: “Possiamo dire che abbiamo provato uno stupore immenso per il fatto di aver trovato nel ghetto una città che vive una vita quasi normale”.
La commedia inscenata davanti a Rossel fu un tale successo che la propaganda nazista decise di ripeterla per riprenderla e farne un film. Guarda caso nel ghetto non mancava un regista: Kurt Gerron, apparso anche accanto a Marlene Dietrich nel film L’angelo azzurro.
Il film che diresse, in cambio della promessa di aver salva la vita, venne intitolato “Il Führer regala una citta agli ebrei” e fu proiettato in tutti i cinema tedeschi…ma dopo le riprese l’intero cast, e lo stesso regista, vennero deportati ad Auschwitz.