con Elisabetta Pozzi

Spazio Shakespeare

10 dicembre 2016

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Amleto
Gertrude, regina di Danimarca, divenuta vedova in seguito all’improvvisa morte del re, dopo neppure due mesi sposò il fratello del defunto re, Claudio, la qual cosa fu considerata da tutti come una mossa strana, dettata dall’imprudenza, dall’indifferenza o peggio. Alcuni giunsero a sospettare che egli avesse fatto uccidere il re per sposare la vedova e ascendere al trono, escludendo dalla successione il giovane Amleto…

La dimensione del racconto è stata indagata da Charles e Mary Lamb nella loro impresa, tutt’altro che facile o scontata, di prendere l’opera di Shakespeare e farne dei racconti per ragazzi e ragazze. Una dimensione, quella narrativa, che spesso diventa predominante anche in testi shakespeariani in cui l’intreccio è minimo. Semplificare non è però banalizzare, anzi è rendere accessibile e piacevole un materiale tutt’altro che lineare: il teatro del mondo.
I fratelli londinesi, però, sono essi stessi una storia interessante: si potrebbe quasi dire un racconto gotico, in linea con l’epoca in cui hanno vissuto e scritto. È questa la caratteristica che più ha affascinato Elisabetta Pozzi, una delle più importanti attrici italiane, nel suo approcciarsi al racconto di Amleto, principe di Danimarca, che andrà in scena il 10 dicembre al Teatro Due. Elisabetta conosce molto bene Shakespeare, avendo interpretato molti ruoli nei suoi testi (basti pensare a Beatrice nel Molto rumore per nulla con la regia di Gigi Dall’Aglio), e conosce ancora meglio Amleto, essendo stata la protagonista dello storico spettacolo diretto da Walter Le Moli al Teatro Farnese. Un principe tormentato, Amleto, ma anche furbo, brillante, con alcuni tratti caratteristici del fool. E se la follia sta alla base di questo testo, che può senza dubbio essere considerato il più famoso testo del Bardo, essa è anche presente nella vita dei fratelli Lamb, che in modo del tutto bizzarro hanno vissuto una vita da romanzo gotico e hanno scritto dei bellissimi racconti per ragazzi, in una sorta di ironico paradosso. Con un po’ di follia, e richiamandosi allo spirito del racconto, la Pozzi si è fatta suggestionare dalla memoria del suo Amleto, del personaggio che la ha accompagnata in quel suo viaggio teatrale. E così ha deciso di inserire alcuni stralci del testo originale, per far vivere le parole del testo anche al di là della cornice del racconto. “In questo modo”, dice Elisabetta, “la narrazione può far scaturire piccole rimembranze”, piccoli regali. Così il racconto si fa teatro, e il teatro racconto.