con Ilaria Falini e Orietta Notari

Spazio Shakespeare

12 dicembre 2016

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Cimbelino
All’epoca in cui Cesare Augusto era Imperatore di Roma, la Britannia era governata da un re di nome Cimbelino. Imogene, la sua primogenita, fu educata alla corte del padre ma, per uno strano caso, i due figli maschi furono rapiti in tenera età. Dopo la morte della prima moglie, Cimbelino si risposò: la seconda moglie era una donna malvagia e intrigante…

Tutto è bene quel che finisce bene
Beltramo, conte di Rossiglione, acquistò il suo titolo alla morte del padre. Il re di Francia amava il padre di Beltramo, e quando seppe della usa morte, convocò immediatamente il figlio alla corte di Parigi, con l’intenzione di prenderlo sotto la sua protezione ed elargirgli speciali favori…

Shakespeare contamina e accompagna, nella carriera di un attore è sempre presente a portare ispirazioni e insegnamenti, sia in scena che nella vita. Ilaria Falini, che lunedì 12 dicembre leggerà Cimbelino, si è avvicinata al poeta di Stratford solo dopo essere diventata attrice, per una sorta di “timore reverenziale”, perché per lei rappresentava un importante punto d’arrivo, troppo grande per l’ingenuità degli inizi. Invece oggi, dopo aver impersonato Giulietta, dopo aver cullato la pazzia di Ofelia e dopo aver amato appassionatamente la vicenda di Antonio e Cleopatra, ammette che il Bardo è anche un ottimo punto di partenza, da affrontare con umiltà e coraggio, ma che con la sua potenza e attualità prepara e stimola l’immaginazione a qualsiasi livello. Per lei lavorare sui testi di Shakespeare rappresenta uno sfogo necessario, una preparazione, una sorta di allenamento per il cuore e il cervello “perché Shakespeare – dice – ti entra davvero nelle viscere”. Cimbelino è un’opera al femminile, nonostante il titolo. Sarà la contaminazione di Mary Lamb, il suo punto di vista di donna, ma se il plot segue la storia di Imogene anche nell’opera originale, nella riduzione ottocentesca è palpabile una sensibilità spiccatamente femminile; si tratta di un’avventura misteriosa e potente, guidata dalla tenacia e dall’amore, quell’amore forte, reale e commovente che, in diverse forme, si incontra in quasi tutte le opere del Bardo. Allo stesso amore fa riferimento anche Orietta Notari, che racconterà invece Tutto è bene quel che finisce bene e quindi dell’amore sincero, ingegnoso e passionale di Elena verso Beltramo. Orietta Notari nella sua carriera ha incontrato diversi personaggi shakespeariani che hanno contribuito alla sua formazione di attrice e di donna, ma portare in scena un racconto la trasporta in una dimensione diversa, quella della fantasia più libera e incontaminata. Raccontare una storia è come seguire il movimento di un fiume, con le sue anse e i suoi paesaggi, dalla sorgente fino alla foce: più il movimento è ricco e il paesaggio è vivace, più è coinvolgente seguirne il corso. Allo stesso modo raccontare una storia significa prendersi la responsabilità di accompagnare l’immaginazione dello spettatore lungo un percorso ignoto, suggestionarla e nutrirla in modo che le immagini si susseguano e che, da loro, esplodano poi le diverse emozioni.