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La voce umana di Jean Cocteau debutta il 15 febbraio del 1930 al Théâtre de la Comédie-Française, in un clima di forte attesa e accompagnato dalle polemiche dei detrattori dello scrittore e poeta. Questo monologo, uno dei più toccanti mai scritti per un’interprete femminile, dipana lo strazio di un sentimento affidandolo ad una lunga telefonata. La parola, vera protagonista in scena, rotola tra frasi mozze, silenzi interlocutori, riuscendo a restituire al pubblico anche la voce dall’altro capo dell’apparecchio. La banalità dell’occasione, una semplice telefonata, è spazzata via da una forte tensione poetica, che incarna il “teatro puro” di Cocteau.

Il teatro realista sta alla vita come stanno alla natura le tele del salone delle Belle Arti. Bisognava rappresentare una donna seduta, non una donna determinata, una donna stupida o intelligente, ma una donna anonima, ad evitare il brio, il dialogo a botta e risposta, le parole da innamorata altrettanto insopportabili quanto le frasi bambinesche, in breve tutto quel teatro del teatro, che si è velenosamente, vischiosamente e sornionamente sostituito al teatro puro e semplice, al teatro vero, alle algebre viventi di Sofocle, di Racine, di Molière. L’autore vede la difficoltà dell’impresa. Ragion per cui, seguendo il suggerimento di Victor Hugo, ho legato la tragedia e il dramma con la commedia, auspici gli imbrogli suggeriti dall’apparecchio meno adatto a trattare faccende di cuore.

Jean Cocteau – prefazione a La voce umana

produzione Fondazione Teatro Due in scena dall’8-11 marzo 2012
La voce umana di Jean Cocteau con Mascia Musy scena Alberto Favretto luci Claudio Coloretti regia Walter Le Moli

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