KONSTANTIN «Hai visto come si fa un teatro? Un sipario, poi la prima quinta, poi la seconda e in fondo l’aria aperta. Niente scenografia. Alzeremo il sipario alle nove e trenta in punto, quando sorge la luna.»
SORIN « Sarà magnifico.»

da Il gabbiano di Anton Čechov

Dai nostri archivi fotografici emergono le immagini di uno spettacolo memorabile. Era il 1983 quando il Werktheater di Amsterdam metteva in scena Il Gabbiano di Čechov nella piscina dell’Enal alle spalle di Fondazione Teatro Due.
Da quel momento è passato tanto tempo, ed è passato anche tanto teatro. E se il teatro nel tempo è cambiato, si è amplificato, ha risuonato, ha cercato nuovi modi e nuove definizioni, come poteva essere diverso per i luoghi in cui esso abita?
Al posto di quella piscina, infatti, adesso c’è l’Arena Shakespeare, che ad oggi è il decimo ambiente teatrale della struttura di Teatro Due. Uno spazio particolarissimo, totalmente nuovo, rivoluzionario. Uno spazio in cui forme teatrali diverse possono esprimersi e vivere insieme al pubblico, coniugando una tradizione teatrale antichissima e le tecnologie più innovative. E insieme una ulteriore conferma di come il teatro sia l’arte del presente, del contemporaneo, inteso anche come la contemporaneità di più fatti e di più momenti. E avere un luogo come l’Arena Shakespeare, che fa vivere il teatro anche d’estate, fa proprio questo: sottolinea il presente. Il presente di un lavoro continuo che da tantissimi anni, da quando l’Arena era ancora una piscina, chiede di essere continuamente alimentato. Il presente di un artigianato d’arte che si trasmette esercitandolo. Di stagione in stagione, d’inverno e d’estate.

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