Intervistatore: Quando le fu detto che la Lehman sarebbe andata in bancarotta?

Lagarde: Dopo il fatto.

I: E quale fu la sua reazione?

L: Porca vacca!

Dall’intervista a Christine Lagarde, in Inside Job di Charles Ferguson

 

“Abbiamo fondato una società!”. E’ quasi il “tormentone” di Così fan tutti, in scena a Teatro Due fino al 18 dicembre. Si sente ripetere spesso durante lo spettacolo… Ed è vero, attraverso il loro operato i banchieri hanno fondato una società… ma in senso più ampio di quanto c’immaginiamo. Espandiamo il concetto: sono stato di recente alla mostra fiorentina Denaro e bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità. Qui si vede lucidamente come gli stessi “mefitici” banchieri del ‘400 siano stati in grado di dar vita a uno dei periodi che devono renderci orgogliosi di essere umani e, segnatamente, italiani: il Rinascimento. Denaro e bellezza. Denaro e arte, potremmo anche dire. “Benestanti illuminati” direte voi; ma quello che mi preme sottolineare è lo stretto connubio fra potere, denaro e arte che crea una nuova società alla ricerca dell’homo novus, l’umanità rinnovata dal bagno vivificante nella cultura classica. E concorrono tutti a questo rinnovamento, gli artisti (bien sûre!), ma anche coloro che erano in grado di finanziare tanta profluvie di idee. Non è inesatto, quindi, affermare (come fanno i tronfi personaggi del Così fan tutti) che i banchieri hanno fondato una società… e in senso più largo di quanto loro stessi non s’immaginino. Tanto che Savonarola tenterà di bruciare (non è una metafora) il nuovo modello di società che si stava imponendo… anche se alla fine al rogo ci è finito lui (et pour cause…).
“Eh, prima andava meglio…. Non c’era tutto questo sudiciume!” Sento spesso frasi come questa, generalmente in bocca ai nostalgici del passato, che sovente peccano di moralismo. È curioso che anche pensatori lungimiranti di tutte le epoche (Dante in primis) si siano rifugiati nel mito di un’età dell’oro passata (remota) che vorrei proprio sapere quando è iniziata e quando è finita. Forse è una soluzione di comodo pensare che l’età contemporanea sia uno schifo rispetto ad epoche passate, che brillavano per morigeratezza e virtù. Assistere ad uno spettacolo come Così fa tutti, invece, sembra volerci aiutare a scrostarci gli occhi per poter vedere lucidamente la realtà che ci circonda; e lo fa suggerendoci che i tipi presi in esame dal pastiche realizzato da Walter Le Moli e Franco Però non sono cambiati. Benché possano apparire di spaventosa attualità, le parole pronunciate dagli attori dell’Ensemble stabile di Teatro Due sono ispirate a testi scritti moltissimi anni fa: Dickens, Molnár, Becque, Giraudoux, quali testimoni acuti dei meccanismi che governavano la società a loro contemporanea, sembrano metterci in guardia da questi galantuomini che sovrintendono i meccanismi finanziari. E ci lamentiamo che la storia si ripete? Non è bastata la crisi del ’29? Ma la colpa non è della storia, è nostra. Resta la famosa affermazione di Dorothy Thompson: ”Se Chamberlain avesse letto il Mein Kampf, cosa che sono ragionevolmente sicura non abbia fatto, l’avrebbe potuto sapere da lungo tempo.” Questo è, credo, ciò che uno spettacolo come Così fa tutti può consigliarci: be connected! Scrittori, poeti, drammaturghi di ogni epoca ci offrono uno sguardo sulla società che può aiutarci a rintracciare indizi per comprendere meglio il nostro contemporaneo. E, mi permetto di aggiungere, quando sono davvero grandi, lo fanno sospendendo il giudizio, in modo spietato, amorale. E lasciamola perdere, questa morale! Già Machiavelli ci avvertiva che il potere ha leggi sue proprie che devono essere totalmente sganciate dall'etica tradizionalmente intesa. E, anche lì, ci siamo piccati di volerlo vedere sotto un’ottica morale, come colui “che temprando lo scettro a’ regnatori, // gli allor ne sfronda, ed alle genti svela // di che lagrime grondi e di che sangue”. Come hanno spiegato i due curatori dello spettacolo nelle interviste rilasciate (chi volesse, può leggere QUI e ascoltare QUI), è necessario togliersi il fardello del giudizio morale quando ci avviciniamo a certi personaggi e abbiamo l’obbligo (questo, sì, morale) di osservarli, studiarli… se non altro, per non farci fregare ancora!

G.