Oreste, figlio del re Agamennone e di Clitemnestra, fratello di Ifigenia, Elettra e Crisotemide, è destinato a vendicare il padre, ucciso dalla moglie con la complicità del suo amante Egisto. Lo rivela l’oracolo di Delfi, lo richiede a gran voce Elettra. Accompagnato dall’amico Pilade, il giovane era stato allontanato da Argo ancora in fasce per evitare che venisse ucciso; divenuto adulto, torna alla città natale per compiere il suo destino: fingendosi un viaggiatore incaricato di annunciare la morte di Oreste mostrandone le ceneri, chiuse in un’urna di bronzo, viene accolto nella reggia, dove uccide prima Egisto e poi Clitemnestra. Il matricidio però scatenerà la furia delle Erinni, divinità della vendetta contro i parenti, che torturano Oreste fino a farlo impazzire. Egli fugge ad Atene dove Apollo, fautore dell’oracolo che lo aveva predestinato al matricidio, prende le sue difese. Il tribunale ateniese dell’Areopago, si divide sulla sua colpevolezza o innocenza e solo l’intervento di Atena farà pendere la bilancia verso la libertà di Oreste, mettendo così fine alla scia di sangue che ha funestato la stirpe degli Atridi. Le Erinni vengono trasformate in Eumenidi, divinità benevole della giustizia; ed Eumenidi è proprio il titolo del terzo capitolo dell’Orestea di Eschilo, unica trilogia del teatro antico arrivata intatta fino a noi.

Oreste non vuole entrare in una Storia che già scritta dagli Dei e da altri prima di lui.  lui e Pilade stanno ad osservare, non intervengono. Le parole, la vendetta e la stessa giustizia che gli sono state rivolte non hanno più significato perchè si riferiscono ad un passato che non è più il suo presente. Un’attrazione e un amore quasi morboso verso la Natura e l’umano, un’ipersensibile propensione alla meditazione e all’incantamento non lo predispone all’omicidio della madre, alla vendetta del padre, al riscatto della famiglia. Pur tuttavia – anche se il nuovo delitto riattiverà la catena della colpa, anche se dovesse divenire un usurpatore – Oreste sceglie l’azione, affinché “respiri (se può) questo Paese”. Uno dei componimenti più chiaramente “politici”, opera di un poeta che ha scelto la lotta e ha subito la prigionia in difesa del suo impegno e della sua volontà di farsi artefice del proprio destino.