Lunedì 12 maggio alle ore 20.30 a Teatro Due  si terrà l’ultimo appuntamento della rassegna Musica da Camera 2014 realizzata da Fondazione Teatro Due con Fondazione Teatro Regio, con il sostegno di Fondazione Monte Parma e dedicata a Claudio Abbado, con il concerto di Alberto Miodini accompagnato dalla voce recitante di Emanuele Vezzoli. La rassegna è incentrata sulle opere di Schubert, Kurtág e Strauss.

Di seguito riportiamo uno scambio di pensieri, quelli di Kurtág su Abbado e quelli di Abbado su Kurtág, che raccontano di una proficua e preziosa collaborazione tra i due.*

Kurtág: “Ci sono dei personaggi che, in momenti e situazioni particolari, riescono a creare contatti, a determinare una catena di eventi che arrivano a condizionare le sorti di una data epoca. E Nono e Abbado, per me, sono tra questi. Grazie a Nono ho scoperto Mahler, compositore che ho ritrovato a Berlino grazie ad Abbado. In entrambi ho trovato – direttamente o indirettamente – amici e passioni comuni, Tarkovskij, Beckett, Kafka […]. E’ vero, come scriveva Nono nel 1986, che “temevo” l’orchestra. Come è vero che Abbado mi ha aiutato a superare questa impasse. (…) Per alcune circostanze, legate piuttosto alla mia biografia personale che artistica, l’arrivo di questa analisi è stata una sorta di rivelazione, una illuminazione che mi ha portato a vedere Abbado quasi un angelo caduto dal cielo (…).

Abbado: “(…) Ho riconosciuto subito in lui quella persona straordinaria ed aperta di cui mi avevano già parlato Gigi, Ligeti e Landesmann. Da quel momento è nato un profondo sentimento di amicizia. Successivamente, nel 1993, Kurtág è stato invitato a Berlino come composer in residence dei Berliner Philharmoniker, fermandosi un anno in più. (…) A Berlino Kurtág veniva molto spesso alle mie prove alla Philharmonie, per sentire, certo, ma credo anche per vedere come si potesse lavorare con una grande orchestra. Un giorno ho superato ogni riserva e gli ho domandato apertamente come mai non avesse ancora scritto un pezzo per un organico strumentale di grandi dimensioni. Mi replicò che temeva la “massa” orchestrale, ossia la possibilità che un insieme così ampio potesse essere controllato perfettamente. In quel periodo stavo Atmosphères e Lontano di Ligeti, e fu provvidenziale potergli rispondere portando per esempio un musicista che entrambi amiamo profondamente. Gli feci intendere che se composizioni di tale complessità possono essere eseguite è proprio perché i gruppi orchestrali, se si vuole e si è in grado, possono essere guidati e controllati. Penso di essere riuscito in qualche modo a incoraggiarlo se nel giro di due anni ho potuto eseguire Grabstein für Stephan, una delle sue composizioni più belle, e la prima assoluta di Stele”.

Kurtág: “ Ho dedicato Stele a Claudio e ai Berliner Philarmoniker perché questa mia prima composizione per grande orchestra è stata scritta per i Berliner, per le sue sonorità e per i suoi timbri (i suoi contrabbassi!), così come un pezzo teatrale può essere scritto per un attore. La creazione di Stele è stata una vera grande collaborazione: seguivo tutte le prove, chiedevo molto spesso consigli ad Abbado per sapere come realizzare alcune mie idee sulla carta. Il mio problema – e ne parlo spesso con Ligeti – è che io sento il bisogno di fissare tutto, di definire sulla carta ogni piccolo evento, e con l’orchestra questo a volte è problematico! Ma per Stele è stata una grande esperienza di lavoro comune. Non ero mai soddisfatto, anche dopo i primi concerti a Valencia e a Vienna ho continuato a non essere veramente soddisfatto; o meglio, lo ero, ma provvisoriamente! Anche dopo l’esecuzione di Berlino abbiamo scoperto altre cose del pezzo di cui non ci eravamo resi conto prima. Questo processo di continua crescita è incredibile, affascinante, e credo che tutto questo sia stato possibile grazie alla generosità e all’amore per la musica che Abbado riesce a trasmettere”.

Abbado: “Prima del concerto di Berlino, abbiamo eseguito Stele a Valencia e a Vienna, al Festival “Wien Modern”. In questa maniera ho potuto lavorare con Kurtág con calma, cercando di comprendere con precisione le sue richieste e il suo pensiero. Alcune scelte di scrittura sono state discusse insieme; durante le prove mi chiedeva a volte in maniera precisa e approfondita. Prima di ogni prova ci si trovava con almeno un’ora di anticipo per discutere insieme, davanti alla partitura. Si è costruito insieme, e stare insieme con Kurtág è stato per me importantissimo così come in passato lo era stato con Nono”.

*Da Angela Ida De Benedictis, Incontri con musicisti contemporanei, in Claudio Abbado. Ascoltare il silenzio, a cura di Gastón Fournier-Facio, Milano, Il Saggiatore 2015, pp.  252-263 (cit. a pp. 260-261)