di Luigi Pirandello
Lamberto Laudisi Paolo Serra
La Signora Frola Tania Rocchetta
Il Signor Ponza Rosario Lisma
La Signora Ponza Paola De Crescenzo
Il Consigliere Agazzi Paolo Bocelli
La Signora Agazzi Laura Cleri
Dino Luca Nucera
La Signora Sirelli Francesca Porrini
Il Signor Sirelli Massimiliano Sbarsi
Prefetto Nanni Tormen/Sergio Filippa
La Signora Cini Cristina Cattellani
regia Alessandro Averone
spazio scenico Alberto Favretto
costumi Marzia Paparini
musiche Stefano Fresi
luci Luca Bronzo
produzione Fondazione Teatro Due
prima nazionale
Commedia degli errori e degli equivoci, Così è (se vi pare) è una parabola in cui tragico e comico si fondono in una simbiosi grottesca. Il titolo di questa celeberrima commedia racchiude ironicamente una problematica molto cara a Pirandello: l'inconoscibilità del reale e la conseguente impossibilità di avere una visione unica e certa della realtà stessa. Convinto che l’uomo non abbia una propria essenza a priori, ma diventi una persona solo sotto lo sguardo degli altri, Pirandello demistifica l’ipocrisia del suo tempo, e anche del nostro, dando luogo ad un universo allucinato e gretto, ma pervaso da un irresistibile umorismo.
In un angusto quanto claustrofobico interno borghese, Pirandello libera i suoi personaggi che si dimenano alla ricerca spasmodica di un futile verità: cosa si nasconde dietro al triangolo familiare composto dal signor e signora Ponza e dalla signora Frola?
Le dinamiche ossessive di un microcosmo, che si agita tra crudeltà e tinte grottesche alla ricerca di un senso, ci riportano inesorabilmente in un luogo molto più desolato e sconfinato nel quale l’uomo siede di fronte al nulla in attesa di una risposta sul significato del proprio essere al mondo. Nessuna risposta.
Se a questa visione pirandelliana della condizione dell’essere umano in perenne squilibrio nei confronti della verità del proprio essere al mondo, aggiungiamo la pericolosa strumentalizzazione che i mezzi di comunicazione possono attuare nei confronti di ciò che siamo e ciò che ci circonda, ecco che quello che ne risulta è il quadro di una realtà in cui chiunque sia in possesso di strumenti mediatici di persuasione può a suo piacimento creare verità su di noi e intorno a noi sfruttando la nostra voracità di esseri umani desiderosi di aggrapparci a qualcosa che sia “vero” e a cui possiamo sostenerci per continuare a vivere.
Alessandro Averone
Nel titolo di questa commedia è racchiusa ironicamente una problematica molto cara a Pirandello: l'inconoscibilità del reale e la conseguente impossibilità di avere una visione unica e certa della realtà stessa. L’autore è convinto che l’uomo non abbia una propria essenza a priori, ma diventi una persona solo sotto lo sguardo degli altri. Questo tema sembra quanto mai attuale…
Fra Pirandello e noi è trascorso un secolo nel quale è successo di tutto, ma la sua riflessione sulla condizione umana è ancora attuale; del resto la situazione esistenziale ha sempre creato problemi all’uomo in qualsiasi epoca.
Trattare il problema dell’identità e dell’oggettività della verità, l’idea di come realmente siamo e di come gli altri ci vedono, è stata l’intuizione senza tempo di Pirandello; una tematica che attraversa tutta la sua produzione, dai testi teatrali alle novelle fino ai romanzi.
Se l’uomo non può aggrapparsi a delle certezze oggettive, né su se stesso né su quello che lo circonda, è facile che questa debolezza possa essere sfruttata.
I mezzi di comunicazione oggi possono instradarci e convincerci di qualsiasi cosa e del suo contrario.
In mancanza di una oggettività delle cose in Così è (se vi pare) l’unica ancora di salvezza sono i rapporti umani, le emozioni.
Qui abbiamo un salotto borghese, morbosamente interessato all’apparentemente misterioso menage fra Signora Frola, Signor Ponza e Signora Ponza, ma le ricerche e gli interrogatori dedicati al disvelamento di quella situazione, risultano vane. L’unica spiegazione che si può individuare è il legame affettivo che lega le tre persone; l’equilibrio che hanno trovato nei fatti avvenuti nelle loro vite non è comprensibile dall’esterno, del resto le situazioni più strane ed estreme della vita non sono comprese finchè non vengono vissute…
Come dici quindi nel trio composto da Signora Frola / Signor Ponza / Signora Ponza sta il senso profondo della commedia; tutti gli altri che si contrappongono loro sono persone che hanno bisogno di fare della vita privata altrui un caso pubblico. Cosa rappresentano?
Nell’affannarsi dei Sirelli e degli Agazzi intorno agli affari altrui c’è ovviamente una punta di voyerismo; tutto è determinato dalla paura di ciò che è strano, diverso e non incasellabile nel tipo di vita conosciuta.
La diversità di questo nucleo famigliare non è compresa: per natura nell’uomo c’è paura e chiusura verso tutto ciò che non lo rispecchia e non conferma che le sue scelte sono corrette e condivisibili.
La responsabilità nei confronti delle scelte che facciamo è minore se abbiamo un sistema di riferimento rassicurante; se ci si trova soli a decidere cos’è giusto, tutto è più complicato, emergono problemi di coscienza diversi. Questo salotto smania dall’inizio alla fine per conoscere i fatti accaduti a questa famiglia, e lo fa in maniera molto violenta perché l’ansia di avere una certezza su ciò che è successo supera anche le basi minime del rispetto umano.
Usare il privato come argomento pubblico adesso è proprio una tendenza mediatica…
In teatro normalmente si mette in scena qualcosa che funga da esempio, che possa emozionare o far riflettere, sempre in funzione di una crescita, del raggiungimento di un modello positivo che tenda a un miglioramento dell’essere umano, della sua condizione, della sua coscienza…
Mentre ora la tendenza, soprattutto in televisione, è creare delle situazioni che mostrino fatti di cronaca e di gente comune, molto rassicuranti per il pubblico che guardando si riconosce nella normalità e/o nella bruttezza. Con i reality show viene assecondato un voyerismo malato, molte trasmissioni presentano invece situazioni drammatiche in modo completamente artefatto con attori, applausi e risate finte…
da un'intervista ad Alessandro Averone
a cura di Michela Astri