A CRISTINA

Dedica a Cristina Pezzoli da Fondazione Teatro Due

Si insinua Cristina, ti entra nel sangue e se vuole qualche cosa da te la ottiene. Ti chiede innanzitutto di esserci, di metterti alla prova, di stare al gioco e di starci tutta intera al gioco. Del resto lei è la prima a non tirarsi indietro mai, e così devi fare tu. Poi ti provoca e spesso ti mette KO. Non è gentile durante il lavoro, spesso è brusca, per niente compiacente, un po’ rude. Però sa esattamente dove vuole arrivare, sa cosa vuole da te, forse sa proprio cosa vuole per te. E questo è il suo modo d’amare, il suo atto d’amore.

Elisabetta Pozzi

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Progetti e regie di Cristina Pezzoli
con Fondazione Teatro Due

NOVENA BREVE
con Francesco Migliaccio e Mauro Malinverno
1989

L’ARTE DI TACERE
di Joseph A. Dinouart
con Francesco Migliaccio e Mauro Malinverno
1990

FILOTTETE di Sofocle
traduzione Roberto Buffagni
con Silvano Melia, Francesco Migliaccio e Massimiliano Speziani
maschere Bruna Calvaresi
scene e costumi Claudia Calvaresi
musiche originali Paolo Grandi e Franco Visioli eseguite da Quartetto PAPA
luci Gianni Pollini
1992

PRIGIONI DI COPPIA
LA RIVOLTA
di Villiers-de-l’Isle-Adam
BACCANALE
di Arthur Schnitzler
traduzione Piero Ferrero e Giuseppe Farese
con Elisabetta Pozzi, Piero Di Iorio, Emanuele Vezzoli
e con Carla Manzon
scene Tobia Ercolino
costumi Nanà Cecchi
trucco Bruna Calvaresi
musiche Bruno De Franceschi
suono Franco Visioli
luci Claudio Coloretti
1992

LA TRAGEDIA SPAGNOLA 
di Thomas Kyd
traduzione Enrico Groppali

con Sergio Albelli, Maria Ariis, Giuseppe Battiston, Sonia Bergamasco, Sara Bertelà, Giovanna Bozzolo, Mauro Malinverno, Carla Manzon, Francesco Migliaccio, Paolo Musio, Nicola Pannelli, Gabriele Parrillo, Graziano Piazza, Tommaso Ragno, Bruna Rossi, Marta Salaroli, Massimiliano Speziani, Stefania Stefanin, Emanuele Vezzoli
dramaturg Roberto Buffagni
luci Claudio Coloretti
1993

L’ATTESA
di Remo Binosi
con Maddalena Crippa ed Elisabetta Pozzi

e con Carla Manzon
scene e costumi Nanà Cecchi
luci Gigi Saccomandi
colonna sonora Franco Visioli
debuttato il 22 febbraio 1994

IL LUNGO PRANZO DI NATALE 
di Thornton Wilder
drammaturgia Sonia Antinori

con Sergio Fantoni, Marcello Vazzoler, Bruna Rossi, Tania Rocchetta, Roberto Abbati, Maria Ariis, Paolo Bocelli, Francesco Migliaccio, Carola Stagnaro, Laura Cleri, Silvana Bosi, Sergio Albelli, Cristina Cattellani, Emanuele Vezzoli
musiche composte ed eseguite in scena da Alessandro Nidi
scene e costumi Giacomo Andrico
luci Claudio Coloretti
1995

FRATELLO E SORELLA
di Wolfgang Goethe
traduzione Rosso da San Secondo

con Carlo Cecchi, Elisabetta Pozzi, Roberto Abbati
scene e costumi Giacomo Andrico
musiche ed esecuzione di Alessandro Nidi
luci Andrea Borelli
1995

SULLE TRACCE DEL VELLO D’ORO
studio composto da frammenti tratti da Il vello d’oro e Medea di Franz Grillparzer, Le Argonautiche di Apollonio RodioSulle tracce del vello d’oro di Roberto Buffagni
con Maddalena Crippa, Maurizio Donadoni, Peppino Mazzotta, Sergio Albelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Carola Stagnaro, Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Lino Troisi, Giovanni Visentin

1996

TRA LE VOCI DI MEDEA
creazione composta da frammenti da Medea di Franz Grillparzer, Le Argonautiche di Apollonio RodioMedea di Seneca
con Maddalena Crippa
1996

IL CASO MORO
di Roberto Buffagni
con Sergio Fantoni, Roberto Abbati, Francesco Acquaroli, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Nicola Pannelli, Tania Rocchetta, Bruna Rossi, Marcello Vazzoler

scene e costumi Giacomo Andrico
luci Giancarlo Salvatori
musiche Bruno de Franceschi
parti vocali eseguite da Tacitevoci Ensemble
aiuto regista e realizzazione video Francesco Brandi
debuttato il 12 marzo 1998

GALLERY

foto Tommaso Le Pera / Federico Riva

Vorrei tanto credere alla frase “le persone non muoiono, rimangono incantate”, un’immagine straordinaria che, facendo bene all’anima, allevia momentaneamente la fatica di accettare il non trattenere a sé chi se ne va. Oggi, niente consolazione, nessuna immagine potente delle mille che in questi giorni si sono affastellate. Quasi dieci anni di teatro insieme a dilatare il tempo, a provare a intensificare la vita senza nascondere il dolore, la passione, la ragione, la mancanza, l’ossessione, l’idea e la paura della morte da trasformare in atto di creazione tutti i giorni.
La prima volta che ti ho conosciuto ero incinta e si vedeva. Sono entrata in Piccola Sala che avevate (con Francesco Migliaccio, Mauro Malinverno e Gigi Croce) riempito di rifiuti presi in discarica. Su un tavolo stava disteso e nudo Maurino. Francesco lavava con una spugna il corpo del morto, lentamente, con meticolosità. Al mio ingresso, Asko, un pastore tedesco da cui non ti separavi mai – e che qualche tempo dopo avrebbe cercato di mordere il braccio di mia figlia salvata in extremis! –, si era alzato nel buio abbaiando ferocemente e spaventandomi a morte. A morte, appunto. Come un Cerbero ma con un’unica testa… 1989, la creazione si intitolava
Novena breve e, dopo Paura del buio, era il tuo secondo lavoro da regista.
Non so se il Teatro Due sia stato per te una “dimora del tempo sospeso” per dirla con Jabès da cui all’epoca eri rimasta affascinata. Il tempo dello studio e della dedica necessari alla creazione – quello che manca sempre e sui perché ora non mi soffermo – con te ce lo siamo dati e quando non c’era l’abbiamo inventato anche coinvolgendo e convincendo altri, qualche volta a tradimento…
Per te, come per noi, il processo è sempre stato più importante del risultato finale, dello spettacolo; le domande più urgenti delle risposte. Una gitana sempre in movimento che forse di una casa “per sempre” non sapeva che farsene.
L’ultima volta che ci siamo viste a un incontro al Piccolo Teatro per parlare de
L’Attesa e di Remo Binosi hai detto pubblicamente che avevi nostalgia di quel periodo e ti sei messa a raccontare con calma e fermezza i perché. Sembrava li richiamassi a te stessa, mentre mi guardavi per farti credere e abbiamo sorriso, nella naturale complicità del momento.

Sono sincera, Cristina: troppe morti portano via anche le parole e non so più se basterà l’apertura, l’ascolto e il continuare a “mettersi scomodi” per riuscire a crearne di nuove.

Paola (Donati)