Nella prima versione dell’Ippolito, Euripide aveva scritto una dichiarazione d’amore di Fedra al figliastro Ippolito, generato dal marito Teseo con Ippolita regina delle Amazzoni, portata ad Atene dopo la conquista del regno delle Amazzoni compiuta da Eracle nella nona vittoriosa fatica. In questa tragedia, oggi perduta, Ippolito di fronte alla possessione erotica senza ritegno della moglie di suo padre (con ogni probabilità non voluta da alcun dio), forse si copriva il volto con il mantello e da qui, il titolo Ippolito velato con cui la tragedia era conosciuta presso gli antichi. Il turbamento che la spudoratezza femminile generò nel pubblico ateniese fece “cadere” l’opera e costrinse Euripide ad emendarla. Il rifacimento, Ippolito coronato (per via della ghirlanda di fiori offerta alla dea Artemide dal giovane), è la versione che oggi conosciamo, in cui la vendetta che Fedra – rifiutata e umiliata da Ippolito con parole durissime – mette in atto è estrema: impiccarsi, lasciando uno scritto nel quale accusa il figliastro d’averla violata. Teseo scopre il cadavere della moglie, crede all’accusa, maledice ed esilia il figlio, invoca Poseidone (in alcune versioni del mito, vero padre di Teseo), perché compia la vendetta in sua vece uccidendo il figlio. Il dio lo ascolta: dal mare scaturisce un toro mostruoso, che fa impazzire i cavalli del cocchio di Ippolito e nella folle corsa il corpo del giovane viene straziato. Si compirà quindi la vendetta di Fedra, di Teseo e sopra tutti di Afrodite, che aveva suscitato la passione in Fedra poiché Ippolito l’aveva offesa, trascurando la sessualità e le donne, vantando la propria verginità e votandosi ad Artemide per sottrarsi a lei.

Ritsos sembra voler dialogare con la prima Fedra, quella più empia e più carnale, calandola nel biancore di una stanza, mentre fuma (quasi il set d’un film in bianco e nero). Così, con pochi segni, il poeta umanizza l’insana passione della moglie di Teseo, rispetto allo scontro tra forze divine (Afrodite ed Artemide) assai marcato nel secondo Ippolito. Non più strumento del capriccio d’una dea offesa, Fedra diventa una donna che non può più rinviare la propria dichiarazione al figlio di Teseo, suo marito e re di Atene, di desiderarlo e di volerlo, pur sapendo di commettere ingiustizia e infrangere la proibizione nei confronti dello sposo e del mondo…