“Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti non è affatto casuale”. Così Serena Dandini introduce questo suo nuovo lavoro teatrale. Si parla di donne vere, di violenze subite e di violenze evocate, della condizione femminile in Italia ma anche di quella maschile in questo progetto che intende dare voce a chi non l’ha potuta avere o a chi normalmente non ce l’ha: scritto attingendo alla cronaca quotidiana e alle indagini giornalistiche intorno alla violenza sulle donne, Ferite a morte dona alle vittime del femminicidio diffuso del nostro paese la parola, in prima persona singolare o plurale, sicuramente femminile.

 

Come in una Spoon River contemporanea, ognuna racconta la sua storia là da dove si trova ora, per riprendere vita e spessore, uscendo finalmente dal freddo anonimato dei numeri, delle statistiche, delle cronache nere. Serena Dandini, con la collaborazione ai testi e alle ricerche di Maura Misiti, ricercatrice del CNR, ha scritto una breve storia per ciascuna di loro, con l’obiettivo di portare in scena, in tutta Italia, le esperienze dirette di violenza e sensibilizzare attraverso il linguaggio teatrale le Istituzioni e l’opinione pubblica circa un fenomeno che miete una vittima ogni due-tre giorni.

 

La scena è sobria: un grande schermo rimanda filmati evocativi, un dj propone la musica che serve per voltare pagina tra un racconto e l’altro, sul palco, ad interpretare le vittime, saliranno alcune fra le più importanti attrici italiane e donne della società civile, in un’alternanza di voci drammatiche ma anche ironiche, come solo le donne sanno essere.

 

Un fenomeno pervasivo quello del femminicidio, nei confronti del quale lo Stato Italiano è stato spesso latitante ma contro il quale, lo scorso maggio, ha avuto un primo significativo gesto di lotta con la ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, arrivata anche grazie alla sottoscrizione della “Convenzione NO MORE! Contro il femminicidio” di cui il progetto si è fatto portavoce, e in seguito con l’approvazione di un decreto legge, contenete nuove norme di contrasto a questo reato.

 

Lo spettacolo è stato portato al Parlamento Europeo a Bruxelles lo scorso giugno: una serata simbolica per stimolare altri paesi membri a firmare la Convenzione di Istanbul che per essere applicata ha bisogno di dieci firme, di cui almeno otto da paesi dell’Unione Europea.