Nell’ambito della XII edizione del Festival di Resistenzache si tiene ogni anno al Museo Cervi, residenza che fu della famiglia Cervi, a Gattatico (RE), il 25 luglio, serata conclusiva del Festival, Fondazione Teatro Due con l’Ensemble Attori e Alessandro Nidi porterà in scena alle ore 19.00 una lettura in musica dei diari di Papà Cervi, I miei sette figli.

Un momento di commemorazione, celebrazione e memoria prima della celebre spaghettata conclusiva e della premiazione della compagnia vincitrice del concorso per spettacoli di teatro civile che ogni anno è indetto dal Museo Cervi.

Qui il programma completo del Festival e della serata.

 

 

I miei sette figli

con Ensemble Attori Teatro Due
musiche Alessandro Nidi (pianoforte)
a cura di Paola Donati
produzione Fondazione Teatro Due
Una storia struggente di quelle che toccano il cuore. Una storia in cui le semplici gioie della vita sono segnate da dolori laceranti; intrisa di sentimenti virili, come il coraggio, la fierezza, e insieme puri e delicati, come l’amore per la famiglia e l’amicizia, fino all’estremo dono di sé. 
Riecheggiano in questa lettura in musica le parole di Papà Cervi, voce narrante, quando incomincia la presentazione della sua numerosa famiglia: nel racconto si delineano le figure di Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore. Sette ragazzi che crescono robusti e aitanti nel fisico ma anche forti nello spirito, forgiati dai valori di una civiltà contadina abituata a dare con semplicità, a volte a rischio della propria vita.
Insieme alla serena quotidianità, con le ore di allegria nonostante il massacrante lavoro nei campi, le feste da ballo, lo sbocciare di primi amori, si fa sempre più consapevole l’impegno politico, la lotta partigiana diventa l’unico modo di concepire l’esistenza in quel momento storico così travagliato.
Poi giunge la fatale notte: i fascisti sono tantissimi, bruciano la casa, il fienile. I Cervi si arrendono per non rischiare la vita delle loro donne e dei loro bambini. C’è solo il tempo per qualche abbraccio fugace, per baciare la mamma Genoveffa, sui capelli, sulle mani, sulle guance, mentre lei piangendo riesce soltanto a dire: “Meglio morire, meglio morire”.
Le ultime pagine di questa storia sono strazianti. Il padre che non trova pace per non aver intuito quello che è stato l’estremo atto d’amore dei figli, nel momento in cui in carcere si sono separati da lui. “Quando mi dissero della morte dei figli, risposi: dopo un raccolto ne viene un altro. Ma il raccolto non viene da sé, bisogna coltivare e faticare, perché non vada a male. Avevo cresciuto sette figli, adesso bisognava tirar su undici nipoti. Dovevano prendere ognuno il posto dei padri, e bisognava insegnare tutto da capo.”
Laura Frugoni, Gazzetta di Parma – 30 dicembre 1993