IL MALATO IMMAGINARIO

di Molière
traduzione di Cesare Garboli

con
Argan – Massimiliano Sbarsi
Belina – Cristina Cattellani
Angelica, Luisetta – Paola De Crescenzo
Beraldo, Signor Buonafede – Emanuele Vezzoli
Cleante – Luca Nucera
Professor Fecis, Professor Purgon – Nanni Tormen
Tommaso FecisMassimiliano Sozzi
Dottor Aulente – Luca Giombi
Toinette – Laura Cleri

spazio scenico con opera di Luca Pignatelli
costumi Gianluca Falaschi
luci Claudio Coloretti
arrangiamenti musicali Bruno De Franceschi

assistenti alla regia Caroline Chaniolleau, Giacomo Giuntini
assistente ai costumi Giulia Giannino
maschere e trucchi Bruna Calvaresi

regia Walter Le Moli

produzione Fondazione Teatro Due

Spazio Grande
25, 29 novembre, 1 dicembre 2017 ore 20.30
26 novembre, 3 dicembre 2017 ore 16.00

Un’opera che vive di contrasti fra l’apparente leggerezza, al limite della farsa, incorniciata nella struttura della comédie-ballet in tre atti, e l’allucinata disperazione di un genio teatrale alla fine. È il 1672, annus horribilis per il drammaturgo, che ha perso la compagna di una vita, Madeleine Béjart, il terzo dei figli avuti da Armande, sua chiacchieratissima sposa, vede acutizzarsi la malattia che lo affligge da tempo, ed è stato detronizzato dal ruolo di impresario e organizzatore dei divertimenti del re; il gusto di Luigi XIV, infatti, è mutato, e con esso la politica culturale di Versailles, tesa verso l’opéra francese, al punto che viene concesso il monopolio nel campo della musica a Jean-Baptiste Lully, compositore principe della corte del Re Sole e (ormai) ex collaboratore di fiducia di Molière per la creazione delle musiche dei suoi spettacoli. Nonostante tutto, il 10 febbraio 1673, la Troupe du Roi capeggiata da Molière, mette in scena Il malato immaginario, con musiche, stavolta, di Marc-Antoine Charpentier e, soprattutto, con l’autore che recita nel ruolo del protagonista.
In un clima soffocante, fatto di purghe e di medicine, si dipana la vicenda di Argante, ipocondriaco concentrato sulla sua (cagionevole?) salute, e della sua famiglia, fra mogli manipolatrici e serve scaltre, figlie irrispettose con i loro corteggiatori tenaci, tutti assediati da una pletora di medici armati di enteroclismi.
Una ideale summa dell’esperienza umana ed artistica di Molière, una grande “metafora politica”, come scrive Cesare Garboli, “in cui i rapporti del protagonista con la medicina ripetono i rapporti di qualsiasi honnête homme, vittima e insieme colpevole, con il potere.”

Grazie ad una, necessaria, compagnia stabile (l’Ensemble Attori di Fondazione Teatro Due, esempio raro in Italia) impegnata da tempo nella creazione e presentazione di un repertorio, Le Moli ha potuto costruire in continuità lavorando sui precisi caratteri degli attori valorizzando al meglio il loro specifico. Ecco quindi un Malato immaginario che rifugge dai toni farseschi, dagli eccessi caricaturali, dalle forzature pseudo surreali per una lettura più introspettiva e malinconica senza negare la contagiosa ilarità che si sprigiona dalle grandi scene comiche

Giuseppe di Stefano – Sipario

“Il malato” di Walter Le Moli si allontana volutamente da quella tradizione farsesca che ha sempre rinchiuso questo capolavoro in un recinto di risate fini a sé stesse: “Il malato” del Due è curato, studiato e soppesato in ogni dettaglio. È realistico. Con il magnifico sfondo di Pignatelli che evoca un’antichità da ritrovare e perdere al contempo, a recitazione degli interpreti è “seria”, nell’accezione proprio interpretativa: non ci troviamo davanti ad attori pronti a divertire, ma profondamente e coscientemente inseriti nel loro dramma quotidiano, che risulta (brillantemente) divertente perché vittima di un corto-circuito con ciò che succede al di fuori di sé. Il malato di Molière vive in una sua profonda tragedia personale e in un’assoluta dipendenza infantile, di cui notiamo l’assurdità anche grazie all’occhio vigile, in particolare, di Toinette, la serva che inganna il suo padrone ma solo per liberarlo dal suo delirio. In un turbine di avvenimenti amorosi, nomenclature mediche inventate e ben costruite scene collettive, Le Moli e i suoi attori ergono un’architettura solida, che necessita di profonda preparazione e attenzione perché i suoi più interessanti dettagli siano colti realmente.

Clizia Riva – Concretamente Sassuolo

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