Lettura a cura di Francesca Cabrini Alberto Nonnato Davide Ortelli Valentina Ricci Serena Rocco con Alice Bacchi Valentina Bartolo Fausto Cabra Enzo Curcuru Paola D’Arienzo Paola De Crescenzo Franca Penone Francesco Rossini Marco Toloni Nanni Tormen Produzione Teatro Festival Parma in collaborazione con Università IUAV di Venezia
In occasione dell’allestimento in forma di opera lirica prodotto da La Fenice di Venezia, in collaborazione con Unione Musicale di Torino, Università IUAV di Venezia, prevista per settembre 2006, verrà realizzata la messa in scena del testo da parte di giovani registi, scenografi e costumisti di IUAV di Venezia, che presenteranno una lettura-studio del libretto di Gian Francesco Busenello de La Didone di Francesco Cavalli, rappresentata per la prima volta al Teatro San Cassiano di Venezia, nel 1641. Lo studio rappresenta un’occasione preziosa per far conoscere al pubblico lo spirito e la vivacità della tradizione barocca italiana, nell’attesa del debutto della versione lirica, prevista per il 13 Settembre al Teatro Malibran di Venezia e diretta dal M° Fabio Biondi, direttore e fondatore di Europa Galante. Biondi ha curato la revisione di libretto e partitura: la puntuale ricerca filologica e il confronto fra partiture e libretti ha portato alla ricostruzione della versione più vicina all’originale. Nel libretto, eccezionale per il solido impianto drammatico, ricorrono le situazioni convenzionali dell’opera seicentesca, come il lamento e la follia, e s’intrecciano tematiche eterne e universali come il rapporto col potere, il conflitto fra corpo e ragione, fra destino e libero arbitrio. Busenello, poeta di grande ironia, ha saputo sposare tradizione e gusto dell’innovazione, tipiche del periodo barocco. Orientamento manifestato esplicitamente nel finale a sorpresa, e in merito al quale lo stesso librettista ha dichiarato: «E perché secondo le buone dottrine è lecito ai poeti non solo alterare le favole, ma le istorie ancora: Didone prende per marito Iarba». Busenello – avvocato, membro di una ricca famiglia veneziana, “scrittore più per entusiasmo che per professione” – è considerato il primo vero librettista della storia dell’Opera. Mentre i predecessori e i contemporanei facevano soprattutto letteratura, egli cerca una scrittura legata alla musica e allo sviluppo drammatico di un nuovo genere. La sua attività teatrale è sempre sostenuta da una riflessione filosofica ed estetica. E’ membra dell’Accademia degli Incogniti che raccoglie gli spiriti forti e libertini di Venezia e sviluppa nei suoi testi una visione del mondo sorprendentemente moderna e personale, a volte edonista e pessimista, legata all’ambivalenza barocca, tutta protesa a sperimentare nuovi principi formali per meglio servire la “poesia per musica”. Gli intrecci realistici e stilizzati sviluppano i tempi più svariati – amore, corruzione, destino, ragion di Stato, umana fragilità – e presentano dei personaggi straordinariamente vivi. La grande inventiva della scrittura di questo poeta, sa dosare l’umorismo nella tragedia, passare dal lirismo sublime al grottesco più popolare, all’ironia che distanzia. Proprio come Shakespeare. Nonostante l’Italia sia la patria del Teatro Musicale, il repertorio barocco è poco diffuso e pressoché sconosciuto al pubblico. La versione sperimentale in forma di prosa, presentata dal Teatro Festival Parma, s’inserisce nel lavoro condotto dalla Fondazione Teatro Due sulla riscoperta dei libretti come testi teatrali veri e propri e non soltanto in funzione della musica. Per scandagliare e riscoprire tutte le potenzialità del nostro patrimonio culturale.