La Peste parla di male. Di UN male. O forse DEL male, in senso assoluto. Racconta dell’ineluttabile e inaffrontabile, di ciò che si teme e davanti a cui si resta inermi, incapaci di riassumere una soluzione in un pensiero o in un’azione. Camus scrive, nel 1947, di una cittadina algerina, monotona e abitudinaria come la maggior parte delle cittadine esistenti, dove però arriva la peste, silenziosa e violenta. Arriva e non perdona, si trascina morti, obbliga la cittadina a chiudersi in un perimetro obbligato dal quale non si può uscire e nel quale si è obbligati a restare e, verosimilmente, a morire. Oppure si è obbligati a reagire. I cittadini reagiscono in maniere disparate, vittime di una disperazione feroce che obbliga però a pensare e a lavorare insieme. La peste è come l’astrazione, come l’assurdo ha toni mostruosi; si abbatte senza pietà e costringe le vittime – gli uomini – a cooperare, per sperare di sopravvivere. La risposta è la solidarietà. Non c’è giustificazione né tantomeno soluzione al male, non c’è in cielo, tra le mani di Dio, e non c’è nemmeno in terra, tra le righe fitte dei taccuini dei medici, la sola speranza plausibile deriva dall’umanità, sotto tutti i suoi aspetti. Umanità che combatte unita e umanità come sentimento che spinge alla collaborazione reciproca. La Peste è male, non solo malattia. Verrà raccontata a Teatro Due dalle voci di Graziano Piazza e Paolo Serra sabato 23 marzo 2013 alle ore 21.00, con un’introduzione, alle ore 18.30, curata da Julie Bernard.