Mercoledì 20 giugno ore 16.30

Casa della Musica

Lectio Magistralis di Daniele Piccini

A cura di Nicola Crocetti

In collaborazione con Teatro Festival – Fondazione Teatro Due

«Ma io vedo la tenebra splendere / come il roveto sacro / e farsi notte il vostro giorno»: così si esprime David Maria Turoldo nella Ballata della disperazione, testo compreso nella raccolta Il sesto Angelo (1976). Egli fornisce così al lettore una delle possibili chiavi d’accesso al suo mondo poetico, tutto percorso dall’ossimoro, dalla compresenza degli opposti, in corrispondenza con lo scandalo della fede. Il frate dei servi di Maria, sacerdote e poeta (1916-1992) visse sempre il cristianesimo in modo drammatico: l’amore per Cristo inteso come «dolce rovina», la condizione di sacerdote come una continua e pulsante tensione verso il possesso di un bene non circoscrivibile, l’unione con Dio come uno spasimante desiderio. Muovendo da questo punto di vista, si comprendono le ragioni di una poesia rocciosamente salmistica, che evita la grammatica della poesia moderna, i suoi schermi (l’“io” della poesia turoldiana è sempre un “io” storico, non fittizio, e il “tu” è per lo più l’Altro per eccellenza, il Divino), una poesia che spesso accede alla temperatura della profezia, intesa come «bisogno di chiamare la storia in giudizio» (Zanzotto).

Spesso Turoldo si riferisce alla sua esperienza di poeta con il verbo «cantare»: eppure la sua è prevalentemente una parola solida, nuda, scabra. Il canto, che per lui è profezia e desiderio, si libera forse soprattutto nel riannodare le memorie della fanciullezza friulana, favola povera in cui troneggia come regina la figura della madre. Neppure lì, tuttavia, vi è idillio, anche lì si insinua il sentimento drammatico di una distanza, in cui consiste per questo amante di Dio la vita, in cui consiste per lui la poesia («Mamma, ora neppure Iddio mi risponde, / Egli s’è chiuso dietro un portone di bronzo / cui picchio, soprattutto di notte, / ma nessuno viene a consolare / questo tuo ultimo figlio. / Solo il vento fischia e cavalca / su tutta la pianura»).

Daniele Piccini è nato a Città di Castello (1972), insegna Filologia italiana alla Seconda Università di Napoli e collabora con l’Università Cattolica di Milano. Dal 1991 si occupa di critica letteraria, in particolare in chiave filologica di poesia italiana del Trecento (ad esempio Sennuccio del Bene) e in chiave critica di poesia moderna e contemporanea; scrive su “Poesia” di Crocetti, “Famiglia Cristiana” e “Avvenire”. Suoi versi sono apparsi in varie riviste e nell’antologia L’opera comune (1999). Come poeta ha pubblicato per le Edizioni Atelier la plaquette intitolata Il corpo sognato (1997) e per Lietocolle la raccolta parziale Di nascita e di morte (2002). Terra dei voti (Crocetti, 2003) è il suo primo libro organico di poesia, cui è seguito Canzoniere scritto solo per amore (Jaca Book, 2005) e Altra stagione (Aragno,2006). Tra i suoi lavori di critica si ricordano: La poesia italiana dal 1960 a oggi, antologia giunta quest’anno alla terza edizione (BUR Rizzoli 2005), Letteratura come desiderio, raccolta di saggi (Moretti & Vitali, 2008), Le Poesie che hanno cambiato il mondo (2007). Per la collezione di poesia allegata al “Corriere della Sera” (Un secolo di poesia) ha da poco curato l’antologia di Mario Luzi Mondo in ansia di nascere (2012).

David Maria Turoldo, è nato a Coderno di Sedegliano nel 1916. Entra nella casa di formazione dell’ordine dei Servi di Santa Maria. Del 1935 è la sua prima professione religiosa nel convento di Santa Maria di Cengio a Isola Vicentina assumendo il nome di Fra’ Davide Maria. Prosegue gli studi umanistici e teologici nelle città di Venezia e Vicenza, giungendo, nel 1938, alla solenne professione con i voti definitivi. Nel 1940 diventa presbitero e inizia il suo ministero nel convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo a Milano, dove nel 1942 si iscrive alla facoltà di Filosofia, laureandosi nel 1946. Nel 1955 è a Firenze e nel 1961 a Udine nel santuario di Santa Maria delle Grazie e quindi nel 1964 si ferma a Fontanella di Sotto il Monte a Bergamo. Nel 1988  si ammala e nel 1992 si spegne a Fontanella, ove è sepolto. Numerose sono le sue opere: Canti ultimi. – Milano, Garzanti, 1992;  Anche Dio è infelice – Piemme, 1991; O sensi miei … : (Poesie 1948-1988) – (note introduttive di Andrea Zanzotto e Luciano Erba) Milano, Rizzoli, 1990; Alla porta del bene e del male. – Milano, A. Mondadori, 1978; Siate nella gioia. Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Porro – Milano, Corsia dei Servi, 1968; Diario dell’anima. – (prefazione di Gianfranco Ravasi) Cinisello Balsamo, San Paolo, 2003; Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia. – Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2002; Dialogo tra cielo e terra. – (a cura di Elena Gandolfi Negrini) Casale Monferrato, Piemme, 2000; Ultime poesie: canti ultimi – Mie notti con Qohelet. – Garzanti, 1999; Oltre la foresta delle fedi (a cura di Elena Gandolfi) – Casale Monferrato, Piemme, 1996; Amare – Cinisello Balsamo, 1986, Edizioni Paoline; …e poi la morte dell’ultimo teologo – Torino, 1969, Gribaudi Editore.