Estratto dall’intervento di Paola Donati, Direttore di Fondazione Teatro Due, alla Conferenza Stampa di presentazione della Stagione 2012/2013

Uno spazio teatrale ideale è sicuramente quello dove si ritrovano tutte le età della vita, qui si ritrovano quelli che vengono da tanto tempo e a cui piace vedere evolvere il mondo e  quelli che scoprono per la prima volta la drammaturgia, gli attori, la creazione. La creazione è indispensabile, domanda all’arte di rinnovarsi ed è nella creazione che risiede un atto di resistenza a tutte le forme di normalizzazione culturale. La “produzione” in teatro è creazione di un processo che mette in forma il pensiero e le passioni dei contemporanei. Il teatro non è una torre d’avorio, ha i piedi nella realtà e la testa in cielo, è una fabbrica dell’immaginario, una casa in cui ritrovarsi. Abitare un teatro significa attivare una controffensiva allo spirito serioso, alla pesantezza, alla disperazione, alla volgarità, accendere lo stupore e condividere un desiderio, è scegliere il senso e il colore della nostra epoca con rigore e i percorsi del sogno e della rappresentazione, della fantasia; provare ad essere una risposta elegante, di un’insolenza allegra di contrasto al buio del mondo attraverso i percorsi del reale, collettivamente. Siamo forse lontani oggi dalle istanze di Camus  quando diceva che creare significa creare pericolosamente, ma non c’è dubbio che chi fa teatro abbia il diritto-dovere di suscitare la vertigine che manca nel quotidiano e la pericolosità stia più che mai oggi  nell’esercizio continuo di uno spirito critico, che apra prospettive di sguardo sull’universalità dei temi complessi che ci riguardano. I teatri diventano anche “simbolo” di una comunità a patto che si mantengano luogo di scambi appassionati, di utopie , che siano scuola della curiosità dove circoli il vento fresco dell’intelligenza, dove la forma non sia “stile” ma studio, elaborazione, gioiosa anche quando sofferta, che sappia far vedere le relazioni tra le cose là dove non sono evidenti. Il paradosso del teatro sta nell’essere contemporaneamente fonte di quiete collettiva, ma anche di profondo turbamento, di operare simultaneamente come elemento di ordine e come elemento di sovversione nella società a cui appartiene. Nell’attuale situazione è importante che istituzioni come la nostra si assumano la responsabilità di tenere viva la partecipazione e la socialità.

I sentieri del viaggio che intraprendiamo con la nuova stagione sono dunque molti . Ne suggerirò alcuni. C’è  solitudine e paura  tra gli individui della piccola comunità abbandonata a se stessa, tra la neve, il vento e il freddo che la straordinaria visionarietà dei “Peeping Tom” esplora scoprendo la fragilità interiore dei personaggi intrappolati nel proprio isolamento o nel gesto estremo di Anna Cappelli, – interpretata da una grande Maria Paiato – una  semplice impiegata dell’Italia in pieno boom economico e già segnata dal senso di vuoto dato dall’obbligo dell’ avere, dal possesso piuttosto che dell’essere, che reagisce all’ abbandono del suo compagno uccidendolo e mangiandoselo. Un gesto solitario di follia o riflesso di una crisi di valori di una società che fin dagli inizi della sua trasformazione violenta provocava profonda disperazione?! Crisi di valori che esplode, ancora una volta, quarantanni dopo nelle motivazioni del più grosso fallimento della storia degli Stati Uniti, quello del colosso dell’energia texano, la Enron raccontato da Lucy Prebble, una giovanissima autrice inglese che crea un testo nitido nella ricostruzione scientifica dei fatti e dei meccanismi e fortissimo nel disegno di un impianto onirico che sorprenderà in uno spettacolo musicale dissacrante e  di grande impatto , con la partecipazione in scena dell’ Ensemble Attori del Teatro Due e degli attori-danzatori di Balletto Civile, con la scrittura fisica di Michela Lucenti, per la regia di Leo Muscato. Per reagire alla scomparsa di passione sia nei legami sentimentali che in quelli “politici” dove regna il caos più totale, ritroviamo Paolo Rossi tra grotte, fiumi sotterranei, rovi e pietre, in una terra che non riconosce più anche se c’era nato , riportando in vita fiabe di amanti perduti e di passioni tradite. “Per incontrarli bisogna non perdersi e per non perdersi il modo migliore è non sapere mai dove andare…” dice con tragico smarrimento e assicurando una comica rinascita.

Perdersi in uno dei testi più affascinanti e misteriosi del teatro mondiale, “La tempesta” di Shakespeare, è quello che decide di fare invece Valerio Binasco con la sua Popular Shakespeare Kompany creata con gli attori del “Romeo e Giulietta” messo in scena la scorsa stagione; per Binasco la Tempesta è un dramma malinconicamente giocoso sulla fine della civiltà , sulla fine della vita e sulla fine delle cose in generale, che è solo da comprendere arrendendosi, senza perdonare. E Prospero, con fatica, si arrende  anche se, si dice, abbia vinto.

 C’è poi una dedica, a cento anni dalla nascita, a un intellettuale scomodo e grandissimo, Albert Camus, che rimane talmente ingombrante e scomodo da non trovare in Francia un curatore per l’esposizione celebrativa del centenario… Di Camus Fondazione Teatro Due metterà in scena “Lo straniero”, con la regia di Franco Però e realizzerà un affettuoso omaggio, unico in Italia, ospitando nei diversi spazi del teatro, filmati, creazioni tratte da testi letterari, letture, incontri e un convegno su Camus tra teatro e politica.

Realizzati in occasione del bicentenario della morte del suo autore Heinrich von Kleist, la traduzione e l’allestimento di Cesare Lievi de “Il Principe di Homburg” che rifacendosi all’interpretazione di Botho Strauss vede nella grazia per clemenza ottenuta dal Principe, eroe di guerra, sognatore e condannato a morte per non aver seguito un adempimento, la possibilità di redenzione dello autore stesso. Da ogni conflitto si può uscire grazie a un sogno, non importa se si è destinati a cedere e a crollare sotto il principio di realtà, questa non è assoluta : in essa si può annidare un altro sogno in grado di metterla in discussione  e così via, all’infinito. Kleist è autore poco conosciuto in Italia come sono poco frequentati i testi dell’assai rappresentato Pirandello , “La trappola”, messa in scena da Gabriele Lavia ,  forse una delle novelle più filosofiche e disperate dell’autore siciliano  e “Trovarsi” con la regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi , un’opera che prendendo a paradigma una vicenda puramente teatrale svela ipocrisie e pregiudizi alimentati dalla società malata degli anni ’30. Negli stessi anni Brecht e Weill scrivevano l’”Opera da tre soldi” le cui canzoni compongono la creazione “Kurt Weill- Songs” con  Nextime Ensemble, diretto da Danilo Grassi e la partecipazione di Nevruz a interpretare Mackie Messer, Lucy e Polly, Peachum ,Tiger Brown e Jenny dei Pirati.

Paola Donati