Scritto tra il 1938 e il 1940, pubblicato nel 1942, Lo straniero è certamente il testo più noto di Camus, tradotto in quasi tutte le lingue, trasportato sullo schermo da Luchino Visconti nel 1967 e giudicato dalla maggior parte dei critici un capolavoro. Pubblicato durante l’occupazione tedesca in un momento in cui la censura lasciava filtrare ben poche opere, venne accolto immediatamente con entusiasmo dal pubblico, entusiasmo che non è ancora venuto meno a settant’anni dalla sua pubblicazione. Quando Camus compone i primi appunti del romanzo ha soli ventitre anni e ne ha ventisei quando, impiegato a Parigi come giornalista a Paris Soir, lo ultima.

La vicenda, in cui senza dubbio compaiono elementi autobiografici (i rapporti con la madre, la realtà vissuta ad Algeri, il periodo in cui lavorò presso una casa di spedizioni), si snoda lungo un periodo della vita di Meursault, un giovane impiegato di Algeri, dal giorno in cui riceve un telegramma che annuncia la morte della madre, alla nascita della relazione con Marie, attraverso le sue abitudini (il suo rapporto con il losco Syntès e i rari incontri con Salamano, un vecchio sempre in lite con il suo cane, entrambi suoi vicini), sino al momento in cui ucciderà uno degli arabi incontrati sulla spiaggia e verrà per questo condannato a morte.

Un uomo attraversa da straniero la strada che parte dalla morte della madre e arriva alla vigilia della sua: naturale la prima, provocata la seconda. Nel mezzo c’è un amore, vissuto come una sospesa passione, e l’assassinio di un uomo, che lui compie inconsciamente, un giorno, su una spiaggia deserta, accecato dal sole.

Franco Però