di William Shakespeare
nuova traduzione di Luca Fontana

Innogen Tania Rocchetta
Leonato Nanni Tormen
Antonio Paolo Bocelli
Beatrice Paola De Crescenzo
Margherita Laura Cleri
Ursula Cristina Cattellani
Ero Francesca Porrini
Don Pedro Paolo Serra
Don Juan Massimiliano Sbarsi
Claudio Luca Nucera
Benedetto Alessandro Averone
Corrado Francesco Gerardi
Boraccio Gianluca Parma
Dogberry Nicola Alcozer / Gigi Dall'Aglio
Verges/Baldassarre Massimiliano Sozzi
Prima Guardia Sergio Filippa
Seconda Guardia/Messaggero/Frate Luca Criscuoli

Pietro Aimi pianoforte
Paolo Panigari clarinetto
Fabio Amadasi trombone
Mirco Reggiani contrabbasso
Gabriele Anversa batteria

musiche Alessandro Nidi

regia Walter Le Moli

spazio scenico Tiziano Santi
costumi Gianluca Falaschi
luci Claudio Coloretti

assistente Sara Venturino
stagista Grazia Raimondo

“Divertitevi con il boogie!”: questo il monito che il regista Walter Le Moli, nei primi giorni di prove, lancia agli attori per entrare nello spirito di Molto rumore per nulla (titolo in inglese Much ado about nothing), una commedia musicale, giocosa e brillante, dai ritmi esilaranti.

 

Siamo a Messina, luogo esotico per gli elisabettiani, nel 1945, tra bandiere e coccarde americane, immersi nel jazz bianco del Glenn Miller di American Patrol e Chattanooga Choo Choo.

 

In realtà, la data non è così importante. Ciò che importa invece è che sia appena terminata una guerra (peraltro Shakespeare scrisse l’opera tra l’estate del 1598 e la primavera del 1599 proprio dopo l’epidemia della peste…).

 

Oggi che stiamo vivendo “una guerra”, qui come altrove, secondo il regista è necessario abbracciare un po’ di sana ironia (che non vuol dire disimpegno!) e tornare a sorridere per sentirsi meno soli.

 

Il motore scatenante del ridere in Molto rumore per nulla è l’amore e l’affannarsi umano intorno a questioni, se vogliamo, di poco conto, un gioco teatrale (per gli attori e per gli spettatori, quest’ultimi spesso più al corrente, al contrario dei protagonisti, del susseguirsi degli eventi in base ad illusioni e mistificazioni della realtà), all’insegna di leggerezza e ritmo che mantengono ben salda la struttura teatrale di una storia fatta di intrighi e complotti come nelle migliori commedie musicali hollywoodiane.

 

Don Pedro, principe d’Aragona, deus ex machina del Bene, di ritorno dalla guerra ferma il suo esercito a Messina e assieme alla sua corte viene ospitato dal governatore della città Leonato. Con lui arrivano i nobili amici Benedetto e Claudio e suo fratello Don Juan (archetipo del male), da poco rientrato nelle grazie di suo fratello, dopo essere stato condannato per aver ordito trame contro il suo regno. Don Juan non aspetta altro che vendicarsi. Il caso ha voluto che nella villa fosse ospitata anche Beatrice, nipote di Leonato, perché facesse compagnia a sua cugina Ero, figlia di Leonato. Beatrice dallo spirito focoso, la mente brillante e la lingua pungente, ha solo una persona al suo pari in quanto a testardaggine, facilità di parola e odio per l’altrui sesso: Benedetto. Da tempo però i due non perdono occasione di incrociare duelli dialettici mirati a ferire più che a uccidere…

 

Finte morti, sospetti, intrighi e schermaglie amorose, scambi di persona, incidenti di percorso, fraintendimenti e scherzi: tutto conduce a quel “molto che attraverso lo specchio del rumore si riflette e diventa, o ritorna, nulla”.

 

Un duello di parole, brillanti e argute, fatto di grazia, ironia, umorismo e toni caustici che percorrono tutta la vicenda, sono gli ingredienti di una commedia che ha inaugurato un filone destinato ad arrivare fino alla commedia hollywoodiana.

Caratteri intramontabili e universali, proprio come i protagonisti shakespeariani, lontani da profondità e psicologismi ottocenteschi. Insomma, anche la commedia hollywoodiana pare essere in debito con Shakespeare…