MORTE DI GALEAZZO CIANO

di Enzo Siciliano

con
Francesco Siciliano Galeazzo Ciano
Emanuele Vezzoli Zenone Benini
Nicola Nicchi Mario Pellegrinotti 
Paola De Crescenzo Edda Ciano
Alice Giroldini Felicitas Beetz
Roberto Abbati
Benito Mussolini
e con la voce registrata di
Massimiliano Sbarsi voce del Generale Karl Wolff

luci Luca Bronzo
musiche Goffredo Petrassi
consulenza musicale Gabriele Bonomo

regia Gianfranco Pannone

produzione Fondazione Teatro Due
un ringraziamento speciale per la collaborazione a Fondazione Campus Internazionale di Musica

Latina, Teatro Gabriele D’Annunzio
13 aprile 2019

Galeazzo Ciano è un “tipo” italiano che incarna molte fra le contraddizioni della storia nazionale: elegante e volgare, intelligente e opportunista, superficiale e profondo, una figura tragica nascosta dentro un frac.
Enzo Siciliano ha voluto concentrarsi sugli ultimi giorni di prigionia che Ciano ha trascorso nel carcere degli Scalzi a Verona, condannato da Mussolini stesso, ma soprattutto dai nazisti, per i fatti del 25 luglio 1943, che videro molti luogotenenti del Duce deporlo con il ben noto “Ordine del giorno Grandi”. Qualcuno ha scritto che “nella cella 27 del Carcere degli Scalzi si consuma una vicenda per la quale nessuno degli ‘attori’ era stato preparato dalla vita”.
Fulcro del testo, la tragedia del sentirsi al centro della Storia e poi, repentinamente, trovarsi a tu per tu con la morte.
Un dramma che riguarda anzitutto Galeazzo Ciano e sua moglie Edda Ciano Mussolini, una tragedia famigliare e nazionale: “Il suocero che manda a morte per alto tradimento il marito della figlia amatissima, lacerando affetti e intimità, in un selvaggio andare di parole cui non viene mai meno un senso anche alto dello stare al mondo”.
Il tragico che incontra il futile, l’impotenza che si scontra con un vitalismo ambiguamente scisso tra verità e maniera, oltre Galeazzo, avvolge tutti i protagonisti della vicenda: Edda, Frau Beetz, la spia che amò Ciano, l’amico Zenone Benini, il carceriere Pellegrinotti e lo stesso Benito Mussolini.
Nella pièce di Siciliano si trova una consapevolezza profonda celata dietro l’illusione della salvezza, affidata soprattutto alla forza, all’ostinazione e alla pietas delle due figure femminili, Edda e Frau Beetz.
Nel dramma è come se Ciano vivesse una doppia dimensione: da un lato l’uomo forte, bello, prepotente, vanesio e superficiale, dei tempi d’oro, nel pieno degli anni del consenso; dall’altro lato l’uomo indifeso, sommesso, commosso di fronte alla fine ormai prossima.
Perché questo tornare oggi a un fatto storico risalente a quasi 80 anni fa? Oltre la storia e tutto quello che rappresentò la destituzione di Mussolini, la vicenda di Galeazzo Ciano e di sua moglie Edda, con le sue 22 “stazioni”, è la tragedia del potere che si vede spogliato dei suoi privilegi e che tra illusioni, interrogativi, tormenti e l’inevitabile disfatta, deve fare i conti con la caducità della vicenda umana.

“Alcuni anni fa, per un motivo che non riesco a ricordare, mi sono trovato a leggere il diario di Carmine Senise. […] In quel libro c’era una tragedia soffocata, la tragedia di un uomo che mostrava coraggio nel suo servilismo, fascista e non fascista insieme. […] Allora mi sono messo a leggere con accanimento tutto quanto mi capitasse fra le mani, che riguardasse quegli stessi fatti, quella stessa tragedia. Erano letture – come chiamarle? – a tempo perso, che concernevano me, che avevano a che fare con la necessità di spiegare a me stesso le radici oggettive della soggettiva paura che quei mesi di storia avevano in modo indelebile impresso nella mia natura […] Ma c’è sempre un ostacolo di confusione, una soglia di inesplicabilità in quel che cerchiamo di capire di noi stessi. In quei mesi avevo paura per me e per mio padre, una paura che si rifletteva nel mondo in cui la stessa vita di casa andava dispersa. […] Tutto questo non ha nulla a che vedere con il fatto che da una dozzina d’anni sia tornato e ritornato a scrivere un testo teatrale, montando e smontando scene «dal vero», col titolo Morte di Galeazzo Ciano. Eppure, so che un oscuro legame c’è. E senza dubbio il legame sta nella certezza di una oscurità profonda e tragica annidata in quegli anni di storia italiana. Il suocero che manda a morte per alto tradimento il marito della figlia amatissima, lacerando affetti e intimità in un selvaggio andare di parole cui non viene mai meno – è impossibile non riconoscerlo – un senso anche alto dello stare al mondo: questa è una tragedia che mi si rivelò impossibile da dimenticare per quel sentimento che la storia ancora calda deposita dentro di noi.”

Enzo Siciliano

“Oltre la storia e tutto quello che rappresentò la destituzione di Mussolini per mano dei suoi luogotenenti il 25 luglio 1943, la vicenda di Galeazzo Ciano e di sua moglie Edda Mussolini, come ben sapeva Enzo Siciliano, porta con sé qualcosa di altamente tragico. Questo Ciano teatrale, con le sue 22 “stazioni”, è la tragedia del potere. Il potere che si vede spogliato dei suoi privilegi e che tra illusioni, interrogativi, tormenti e l’inevitabile disfatta, deve fare i conti con la caducità della vicenda umana. Nella cella 27 del Carcere degli Scalzi a Verona, si consuma una fine per la quale nessuno degli attori era stato preparato dalla vita. Ma a mio giudizio c’è qualcosa di più nel carcere dove sono ambientate gran parte delle scene di questa tragedia famigliare immersa nel “secolo breve”: tra quelle mura si consuma un dramma tipicamente italiano, di cui il testimone numero uno è Galeazzo Ciano, incarnato con profondità da Francesco Siciliano; bello e ripugnante, elegante e volgare, vanesio e profondo. […] Un ruolo fondamentale in questo allestimento scenico lo assume la musica, affidata alle note del Maestro Goffredo Petrassi, grazie alla preziosa consulenza di Gabriele Bonomo. Musiche novecentesche di grande modernità, che non ricalcano la tragedia, ma che piuttosto la avvolgono in una sorta di sospensione del tempo, dove la Storia perde il suo senso.”

Gianfranco Pannone