Cosa spinge un regista ad accettare la difficile sfida di mettere in scena un testo che parla di un crac finanziario, un tema che sulla carta può apparire ostico?
Leo Muscato, nella sua carriera di regista ha affrontato autori e testi molto eterogenei, dai classici Shakespeare, Cechov, Molière, ai più contemporanei Beppe Fenoglio, Michael Frayn e Cocteau, solo per citarne alcuni e senza contare i libretti d’opera. Nel 2010 si è confrontato anche con un mostro sacro del mondo della celluloide, Pedro Almodovar e il suo Tutto su mia madre, nell’adattamento teatrale dell’inglese Samuel Adamson prodotto da Fondazione Teatro Due, e ha convinto anche i più scettici con una travolgente tournée di due anni (per chi vuole rinfrescarsi la memoria può guardare qui il trailer dello spettacolo).
L’incontro con Enron e con la folgorante scrittura della sua autrice Lucy Prebble è avvenuto a Londra, in una delle estati “formative” di Leo Muscato.
Secondo il regista infatti per fare questo lavoro è necessario avere tre valori fondamentali: il talento, la conoscenza e la capacità di saperli valorizzare. E il talento, poco o tanto che sia, va protetto e nutrito continuamente. Il mezzo che abbiamo a disposizione per alimentarci – ci confida – è la conoscenza, lo studio continuo, la curiosità per tutto, anche per ciò che è decisamente altro da noi. Il momento che in particolare io dedico allo studio è l’estate; così 3 anni fa l’ho trascorsa a Londra, dove in 44 giorni ho visto oltre 50 spettacoli: avevo bisogno di capire come un paese come l’Inghilterra, a differenza dell’Italia, riuscisse a fare della cultura e del teatro un business così importante. In Inghilterra il pubblico è attratto dalle storie che vengono raccontate, lo spettatore medio non va a vedere un attore o un regista ma va a sentire “quella” storia. E la storia della Enron quell’estate era sempre sold out.
Ho fatto di tutto per vedere lo spettacolo e alla fine sono riuscito ad avere un biglietto per l’ultima replica e… è scattato il colpo di fulmine. Sono uscito da quella sala non solo affascinato dalla bellezza dello spettacolo, ma estremamente informato perché il grande pregio del testo di Lucy Prebble, scritto dopo due anni di approfondite ricerche, è quello di consentire, anche a chi come me non ha mai letto un testo di economia, una comprensione molto chiara di fatti complessi.
Personalmente reputo che la semplicità, o se preferiamo “il pop”, sia un elemento molto efficace se mette il pubblico nella condizione di poter essere affascinato e coinvolto.
Poco snobismo nelle parole di Muscato, premio della critica come miglior regista nel 2007.
Del resto è lui stesso ad ammettere che la sua unica poetica è non averne una.
Il mio obbiettivo è essere il più fedele possibile al mondo che l’autore ha raccontato, il che non significa adattare il suo universo alle mie qualità, ma adoperare queste ultime al suo servizio. Le regie che preferisco sono quelle invisibili, poco invadenti.
Enron è una storia molto americana, scritta da un’inglese: uno spettacolo che per quasi un anno ha fatto il tutto esaurito a Londra, mentre in America è stato un disastro (forse agli statunitensi non piace rivangare il crollo di questo “american dream”?). Io ho cercato di essere fedele alla Prebble, che ha raccontato questa storia americana a un pubblico non americano.
E il pubblico italiano? Arriva la storia (quella vera!) americana e arriva a Parma, che non sarà centro nevralgico dell’economia, ma la caduta del colosso di Houston non è poi così lontana…