Johan August Strindberg è un Universo in movimento, una Galassia che non riesce a smettere di vorticare, alla incessante ricerca del suo centro.

Qualsiasi posizione, qualsiasi questione è, per questo artista “totale”, da mettere in dubbio, da esaurire e poi abbandonare. È così che il socialismo si trasfigura in misticismo, l’amore estremo in misoginia violenta, la lotta contro i potenti in una Torre d’Avorio.

La corrispondenza tra la vita di Strindberg e la sua opera è talmente forte che si potrebbe persino pensare che tutti i suoi scritti siano una enorme autobiografia, una stupenda, distorta e contraddittoria auto-fiction.

Sembra che la produzione di questo autore, e in definitiva la sua vita stessa, segua una logica quantistica più che lineare: idee e convinzioni si manifestano come se fossero sempre esistite nella mente dell’autore allo stato latente, e come se solo la contingenza del momento le rendesse più necessarie.

In effetti Strindberg è un naturalista, ha interessi da scienziato. Ampliare. Il presente in lui si manifesta in tutta la sua potenza, e lui sente su di sé il compito di descriverlo. Anche acriticamente.

Non c’è da stupirsi, quindi, che Strindberg attirò su di sé le critiche di moltissimi intellettuali e di pressochè tutto l’ambiente del pensiero progressista Europeo. Nelle sue opere, infatti, i Benpensanti sono un personaggio specifico, ben definito.

Romanzi, teatro, trattati scientifici: le febbrile onda produttiva sembra non esaurirsi mai, e allo stesso tempo deviare continuamente. Non tutto viene capito, non tutto ha successo, l’autore soffre. Alle difficoltà economiche si aggiungono i disturbi di una mente fervente, bollente, tanto inesauribile quanto instabile.

Vivisezioni del cervello umano, primo fra tutti il suo. Ecco l’opera di Strindberg. Un teatro della crudeltà ante-litteram, pienamente all’interno del suo tempo e costantemente alla ricerca del linguaggio futuro. Io e universo che si fondono, si intrecciano, diventano irriconoscibili, l’uno enorme, l’altro inclassificabile. Come in tutti i grandi autori.

La trasformazione non è mai indolore.

Il passaggio di stato consuma energia.

L’ignoto chiede sempre il conto.