“Vivono in un paradiso di stupidità e il loro ideale è il sarcasmo. Andiamo verso tempi freddi, verso l’era dei pesci” – Ödön von Horváth.

Vicino a Brecht nelle intenzioni e nelle premesse, ma da lui molto distante nello stile, Horváth ha segnato il teatro del ‘900 con la sua critica sociale non meno corrosiva. Ödön von Horváth (Fiume 1901 – Parigi 1938), drammaturgo e romanziere, apolide per vocazione e biografia, figlio di un diplomatico della piccola nobiltà ungherese, studiò germanistica e teatro a Monaco; nel 1933 si trasferì a Vienna, quindi nel 1938 a Parigi dove pochi mesi dopo morì in un incidente, schiacciato da un albero mentre usciva dal suo albergo.
Nei suoi drammi Horváth infuse nuovo impulso alla commedia popolare viennese della tradizione, costruendo opere dense di atmosfera con dialoghi chiari e stringenti. Considerato l’ultimo rappresentante del teatro viennese, riuscendo a essere al tempo stesso popolare e raffinato, Horváth conduce il pubblico attraverso il contrasto tra le aspirazioni della gente comune e la brutale realtà di una società in fase di disgregazione (il contesto storico in cui sono ambientati i drammi è l’avvento del nazismo), rappresentando la corruzione dei valori culturali e morali, politici e etici, attraverso i cliché del linguaggio e i luoghi comuni dell’epoca.
Il kitsch come lo intendiamo oggi nasce in questo periodo in seno alla nuova piccola borghesia e Horváth ne fa subito un elemento stilistico pregnante, avvolgendo le vicende atroci, turpi e agghiaccianti, in un’atmosfera leggera, da operetta o birreria, appiccicosa di melensa sentimentalità e bruciante di rancore sociale, feroce ipocrisia, primi sentori di un fascismo dilagante, l’alba di un nazismo che devasterà la coscienza civile europea e mondiale.
Primo meccanismo teatrale delle commedie di Horváth sono i riti collettivi del popolino: il picnic nei boschi, l’«Oktoberfest» a Monaco, la «notte all’italiana», gli innocenti passatempi della gente semplice, capaci di illuminare l’orrore emergente dello scontro sociale. Oggi, la precisione e la chiaroveggenza di queste terribili commedie, ballate di morte in cui i personaggi si alternano con leggerezza e musicalità, pronunciando frasi fatte atroci e compiendo atti agghiaccianti, consacrano Horváth fra i classici come uno degli intellettuali del passato più illuminanti rispetto alla stupidità e volgarità umane, senza tempo. Storie del bosco viennese è del 1931, Fede, amore, speranza del 1936 e Gioventù senza Dio del 1938.

FIABE DEL BOSCO VIENNESE

GIOVENTU’ SENZA DIO

FEDE, AMORE, SPERANZA