IL RAGGIO BIANCO

di Sergio Pierattini

SPAZIO BIGNARDI
26 / 29 marzo

con Milvia Marigliano, Linda Gennari, Raffaele Barca

scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi, Anna Missaglia
musiche Paolo Coletta
luci Aldo Mantovani

regia Arturo Cirillo

produzione Teatro Nazionale di Genova

Commedia nera che si tinge di giallo: Milano, una brutta sera d’inverno… una figura femminile è seduta nella penombra del salotto. Si sente il rumore di una pioggia intensa… La donna, Anna, siede su una poltrona assopita. Poco dopo si sente la porta dell’appartamento che si apre. D’istinto, la donna apre gli occhi, si volta e si accorge improvvisamente dell’altra…. Il testo di Sergio Pierattini, vincitore del Premio Flaiano 2006, scava nella psicologia delle due donne con toni claustrofobici. Malaffare, ricordi, affetti: un gioco di relazioni familiari che si rivelano decisamente originali, fino a una conclusione inattesa. 

 

Una madre vocata fin dall’infanzia all’arte della rapina e una figlia che ne ha seguito le tracce come farebbe chi eredita una salumeria ben avviata o uno studio notarile. È alla fine di una giornata di duro lavoro, dopo aver varcato la soglia del loro appartamentino milanese, che la loro umanità si mostra accecante come il lampione che illumina la strada e dolorosa come la penombra delle loro notti. C’è affetto, preoccupazione e intimità. Ci sono persino le cotolette che la madre si appresta a preparare alla figlia. Ci sono i ricordi, i piccoli progetti entro i quali la madre cerca di confinare presente e futuro della figlia e i premi per il lavoro svolto: un gioiellino, un tailleur nuovo, un paio di scarpe rigorosamente di marca. Ma infine l’aspetto più umano e dolente è il desiderio di Anna di ricostruire il rapporto con l’amata sorella, interrotto dall’accusa ingiusta di un presunto furto compiuto anni prima. Un giorno suona il campanello di casa e appare il figlio di quella sorella, l’amatissimo nipote: finalmente le preghiere di Anna sono state accolte. Più umano degli umani, il giovane è arrivato in città per affrontare un concorso in Polizia. E per madre e figlia è finalmente arrivata l’occasione che hanno sempre aspettato.

Sergio Pierattini

È notte, piove, una casa in penombra, le persiane dell’unica finestra sono abbassate, filtra solo un po’ di luce artificiale di un’insegna esterna. Una donna sola, con ancora addosso l’impermeabile, dorme o sembra dormire. Beata lei che ci riesce, dopo quello che probabilmente é successo… Ma ormai ci ha fatto l’abitudine, come si dice ci ha fatto il callo, di cui ormai è rivestita la sua anima, per non parlare della sua coscienza. Ad un certo punto dei rumori … Come se fosse un giallo di Simenon o un film di Hitchcock, inizia così Il raggio bianco: una figura femminile apre la porta dell’appartamento, la si vede solo in controluce. Chi sono queste due donne? Sono una madre e una figlia: lei – la figliaè sporca di sangue, oltre che tutta bagnata dalla pioggia, il loro modo di parlare è del nord, siamo a Milano infatti ma potemmo essere altrove. Le due donne sono agitate, in modo diverso tra loro, sono impaurite in modo diverso tra loro, sono entrambe furtive (come Jean Genet definisce “Le Serve”). La madre è più apprensiva, la figlia è più amara, si provocano, si beccano tra di loro, fanno ridere a volte, a volte anche un po’ paura. A modo loro sono una coppia teatrale, l’una la spalla dell’altra, perennemente al limite del paradosso e della non\sopportazione reciproca. Poi, preannunciato da una serie di rumori quotidiani, ma inquietanti, arriva un ragazzoChi è ? Che ricordi porta con ? Deve fare il concorso per entrare nella Polizia, dice. Loro, le due donne, l’ospitano: è un loro parente che fa riaffiorare ricordi sgradevoli, imbarazzanti e sentimenti ancora vivi.

Arturo Cirillo

ph.