“Di Ivanov si è detto e scritto moltissimo – racconta il regista Filippo Dini – e si è insistito sull’incapacità del protagonista di gestire i rapporti sociali e sentimentali, sul suo male di vivere e la sua insoddisfazione patologica, in breve si è molto discusso della sua depressione. Tutto ciò credo ci abbia un po’ allontanato dalla comprensione della sua vera natura. Ivanov trascina tutti nel tunnel nero dell’inattività, della paralisi mentale e spirituale, tutti lottano contro di lui o tentano di guarirlo, fino all’estremo sacrificio. Egli è il virus letale della sua società, simbolo della malattia che si genera all’interno di quel ristretto gruppo di esseri umani che agiscono nella commedia. Ma Ivanov è al tempo stesso anche la cura del suo mondo, mettendo tutti di fronte ai propri limiti, alla propria povertà, dando ad ognuno l’occasione per la salvezza. Ogni personaggio si relaziona a lui secondo le proprie capacità o propensione; nessuno rimane estraneo a questo confronto”. E prosegue: “L’immortalità di questo testo e la sua bruciante contemporaneità risiedono nell’affascinante descrizione di un’umanità alla fine, una società sull’orlo del baratro, che avverte l’arrivo di un’apocalisse che di lì a poco spazzerà via il mondo conosciuto fino a quel momento: di lì a 30 anni, infatti, ci sarà la Rivoluzione, e anch’essa sarà causa o effetto di tante rivoluzioni in Europa. Attraverso la figura dell’uomo inutile, che non riesce a spingere il proprio cuore oltre la paralisi del proprio mondo, e la propria volontà oltre l’immobilismo, Ivanov racconta la crisi e il declino di un’intera società e di un’intera epoca. La fine di Ivanov, auto inflitta ovviamente, che arriva al termine della commedia, è la fine del nostro Ivanov, quello dentro di noi, che abbiamo visto scalpitare e soffrire e cercare di risollevarsi infinite volte; l’abbiamo visto credere in nuovo innamoramento e in una nuova speranza, la speranza di ritrovare l’energia per ricominciare a lavorare e insieme per combattere gli inetti, i volgari, i malfattori. Dobbiamo attendere con pazienza il suicidio del nostro Ivanov, non lo possiamo uccidere perché è imbattibile, dobbiamo aspettare che nella totale consapevolezza, ormai raggiunta alla fine della commedia, debba desiderare la propria morte, solo così potremo godere della rinascita, solo così potremo tornare alla vita, alla speranza e all’amore.”