MADEMOISELLE JULIE

di August Strindberg

con
Mademoiselle Julie Sara Putignano
Jean Raffaele Esposito
Kristin Ilaria Falini

costumi Gianluca Falaschi
spazio scenico Alberto Favretto
luci Claudio Coloretti

variazioni composte ed eseguite dal vivo da Chiara Girlando su tema popolare trascritto da August Strindberg

regia Walter Le Moli

assistente alla regia Giacomo Giuntini
assistente ai costumi Elisabetta Zinelli

produzione Fondazione Teatro Due

Spazio Grande

7, 8, 9, 12, 13 gennaio 2016, ore 21.00
10 gennaio 2016, ore 16.00

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Un battito di cuore tachicardico, un encefalogramma impazzito, uno schema che salta continuamente. Questo è il rapporto tra la contessina Julie e il domestico Jean, avvinti da una passione che si rifiutano di accettare e sconvolti dalle conseguenze del loro segreto. La bussola vortica, l’erotismo si trasforma in crudeltà, il possibile in inevitabile. L’amore è una battaglia con la posta sempre più alta, nello spietato ritratto di una società che è Mademoiselle Julie.

Grondante misoginia, un sentimento che permeava di sé la temperie dell’epoca, il dramma della contessina Julie, che prima provoca e irretisce il suo servo Jean, e poi si ritrova vittima della propria ossessione e prigioniera della trappola che ha fatto scattare, si impone per la sua incontenibile sensualità, la sua violenza interiore, la sua inesorabile crudezza intrisa di follia.

Ispirato in parte dall’avversità per le classi dominanti provata da Strindberg, figlio di una serva e marito di una baronessa, e in parte dalla conoscenza della Contessa Frankenau, presso il cui castello l’autore aveva soggiornato mesi prima di intraprendere la stesura dell’opera, questa “tragedia naturalistica” mette in scena lo “spettacolo crudele, cinico e spietato che oggi la vita ci offre”, in cui il dominante e il dominato si mescolano e s’invertono continuamente: “la vita non è così matematicamente sciocca da far sì che solo i grandi mangino i piccoli, anzi succede non meno spesso che l’ape uccida il leone o almeno lo faccia impazzire.”

In una villa nobiliare della Svezia ottocentesca, immersa nel clima onirico e inebriante della festa di San Giovanni, la contessina Julie invita a danzare il suo servo Jean. Da qui parte un provocante dialogo venato di sfumature erotiche in cui le differenze di status soccombono sotto i colpi di una martellante tensione sessuale. I turbamenti causati dal discorso faranno precipitare la vicenda fino al suo estremo, in questa analisi lucidissima dei rapporti di classe e delle relazioni sentimentali.
In scena la guerra tra i sessi, specchio dell’analisi del rapporto servo-padrona, un viaggio all’interno di due anime che si misurano con i loro sogni, la loro animalità, il loro istinto di morte. La trama è semplice solo all’apparenza, in realtà consiste non in ciò che accade, ma in ciò che fermenta dietro alle azioni: l’autore concepisce la vicenda come un esperimento scientifico in cui ad azione risponde una reazione che lascia stupiti gli spettatori, quanto gli stessi protagonisti.

È lo stesso autore che, nella Prefazione a “Signorina Julie”, illustra i motivi ispiratori del suo capolavoro drammatico del 1888. “Nell’opera che segue mi sono proposto non di far qualcosa di nuovo – perché non è possibile – ma soltanto di rinnovare le forme, secondo le esigenze che a mio avviso l’uomo di oggi dovrebbe imporre a quest’arte. E a questo scopo ho scelto o mi sono lasciato prendere da un problema che si può dire esterno alle lotte di scuola, perché il tema dell’ascesa o della decadenza sociale, di chi sta sopra e di chi sta sotto, chi è migliore e chi è peggiore, dell’uomo o della donna, è, è stato e continuerà ad essere di sempre vivo interesse.”(…) “Ma la signorina Julie è anche un resto di antica aristocrazia guerriera che viene soppiantata dalla nuova aristocrazia dei nervi e del cervello; una vittima delle disarmonie famigliari create dalla “colpa ”di una madre, una vittima dei traviamenti di un’epoca, delle contingenze, nonché della sua costituzione debole, ciò che nel suo complesso corrisponde all’arcaico concetto di Destino ovvero di Legge Universale.”

1849 – 1912, August Strindberg