“Un figlio?”
Sulla scena un giovane uomo, una giovane donna, uno spazio vuoto. E un botta e risposta che ha il peso stesso della vita: “Un figlio?” / “Respira.”
Inizia così Lungs, un dialogo franto, elusivo, mozzafiato, fatto di pensieri confusi e ingenue proiezioni del futuro, recriminazioni e abbracci, deliri e passioni, frecciate, scuse, aspettative deluse, promesse infrante e altrettante riconciliazioni. Duncan Macmillan, uno dei più importanti e rappresentati autori inglesi contemporanei, ci presenta questa giovane coppia eticamente rigorosa e determinata a fare la scelta giusta per porsi e porci una domanda: che cosa accade all’istinto in un’epoca dominata dall’incertezza, dalle catastrofi ecologiche e dalla crisi globale? Perché parlare di fare un figlio, oggi, è fare i conti con la paura di diventare adulti, di confrontarsi con un impegno definitivo, di amare un essere che ancora non esiste, tanto quanto farli con le conseguenze della nostra impronta sul mondo e sull’ambiente. E del resto è il titolo stesso a restituirci la complessità della posta in gioco: il respiro, infatti, non è più solo quello che intervalla la successione vertiginosa dei dialoghi; non è più solo quello reso affannoso dal sovrappopolamento e dall’impatto ecologico del nostro stile di vita. È il respiro che fa vibrare un inaspettato silenzio e nasconde – o forse svela – l’incertezza più radicale che accomuna i due protagonisti con gli spettatori seduti in sala e che riguarda, in definitiva, la nostra capacità di amare.
La loro, scopriranno e scopriremo, è più grande e tenace di quanto potessero immaginare.