DICIASSETTE CAVALLINI
di Rafael Spregelburd
SPAZIO BIGNARDI
7 / 9 novembre
durata
1° tempo 100 minuti
2° tempo 80 minuti
traduzione Manuela Cherubini
con Roberto Abbati, Valentina Banci, Laura Cleri, Davide Gagliardini, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Pavel Zelinskiy
musiche Alessandro Nidi
scene Alberto Favretto
costumi Giada Masi
luci Luca Bronzo
assistente alla regia Francesco Lanfranchi
regia Rafael Spregelburd
produzione Fondazione Teatro Due
Diciassette cavallini si impernia sul mito di Cassandra che viene affrontato in due tempi diametralmente opposti.
Una Cassandra contemporanea afferma di poter prevedere le disgrazie future, mentre il suo psicanalista cerca di smontare ogni sua certezza … Chi avrà ragione? Questo a grandi linee ciò che accade nella prima parte dello spettacolo che si intitola L’Oracolo invertito, un primo tempo che si può definire apollineo, sia per il ruolo fondamentale che ha il dio Apollo nella costruzione del mito di Cassandra, sia perché convenzionale in termini drammaturgici. La seconda parte invece, dal titolo I diciassette cavallini, è “dionisiaca”, dominata dal delirio dettato dal dio Dioniso. Qui gli attori, con gli stessi elementi del primo tempo, costruiscono un gioco che si sviluppa al rovescio e con cui vanno all’indietro, dal futuro al passato; lo spettatore vedrà prima gli effetti, per poi ricostruire, a ritroso, le cause. Un’ipotesi puramente poetica, che porta a cercare e trovare risposte a domande che ancora non sono state espresse. Una sfida realizzata in una coreografia in 17 movimenti, come i 17 soldati che escono dal ventre del cavallo di troia.
Una drammaturgia che sfugga la tradizionale consequenzialità causa/effetto e che assuma le forme di causalità complessa che regolano la nostra vita è da sempre una delle caratteristiche non negoziabili del teatro di Rafael Spregelburd. Il tema è stato scelto proprio a partire dal confronto con gli attori che hanno espresso il desiderio, utopico, di guardare al futuro (incerto) che si prospetta. La tragedia, una linea retta di eventi che corrono verso la distruzione, ineludibile, diventa in realtà la chiave di volta per accedere al presente, per indagare spazio e tempo nella loro realtà non lineare, per confrontarsi con tutti gli eventi catastrofici che collidono ogni giorno con l’apparente unidirezionalità della nostra vita. La Catastrofe in Spregelburd, rifacendosi alla cosiddetta Teoria del tutto o della complessità, non è sinonimo di rovina o distruzione, quanto di assenza di causa. Tutto ciò che sfugge alle leggi del senso comune e alla nostra capacità di predizione diventa in teatro, grazie al corpo degli attori, possibilità di percepire l’universo del Senso, tutto ciò che non può essere ricondotto ad un’idea preconcetta, che non può essere verbalizzato, che non può essere compreso. E la profetessa troiana, costretta a vedere in anticipo le catastrofi a venire e condannata a non essere creduta, si fa meccanismo per irradiare bellezza: “amministrare tempo e spazio in modo consapevole, presente, complesso.”
Nella ripetizione si producono delle varianti, delle deformazioni. Abbiamo pensato a cose assurde. E lo abbiamo fatto a partire da un’esperienza fisica di sottomissione. Ci sono situazioni senza soluzione. La freccia del tempo va solo in avanti. Ma quando gli attori — o gli umani — provano a tornare indietro, a mettere gli effetti prima delle cause, succede qualcosa. Lo facciamo per prendere in giro l’operazione della Ragione. E appaiono dei “sintomi”— delle onde, come le chiamiamo noi in prova — che mettono in vibrazione altre parole, altre situazioni, in una sintonia molto strana. Non sappiamo ancora spiegare come funziona, intellettualmente. Ma questo è quello che il tempo ci fa: ci costringe a ripetere. A rifare gli stessi errori.
Rafael Spregelburd
@Giornate d’Autore (Teatro Due, 22/26 novembre 2024)


