IL PIACERE DELL’ONESTÀ

di Luigi Pirandello

con
Alessandro Averone
A
lessia Giangiuliani
Laura Mazzi
Marco Quaglia
Gabriele Sabatini
Mauro Santopietro


scene 
Alberto Favretto
costumi Marzia Paparini
luci Luca Bronzo

regia Alessandro Averone
assistente alla regia Antonio Tintis


produzione
 Fondazione Teatro Due e Knuk Company

Spazio Grande

14 e 15 dicembre 2018, ore 20.30
16 dicembre 2018, ore 16

Angelo Baldovino, malvisto dalla società in cui vive a causa del suo passato costellato di imbrogli dovuti al vizio del gioco, su invito di un vecchio compagno di scuola, accetta di unirsi in matrimonio ad Agata, una giovane donna che aspetta un bambino da un nobile ammogliato, il marchese Fabio Colli. Un matrimonio, insomma, che deve creare l’apparenza della rispettabilità ed evitare lo scandalo. Baldovino, con questa scelta, vuole farsi vendetta contro la società che “nega ogni credito alla mia firma”, cercando di apparire onesto all’interno di una lucida finzione in un mondo che non rende affatto facile esserlo. L’apparenza di onestà che gli viene richiesta spinge via via Angelo a comportarsi in modo spietatamente sincero mentre tutti gli altri attorno a lui faranno sempre più difficoltà a restare “in parte”. Solo la giovane Agata ne coglie il senso profondo, nutrendo per Baldovino una specie d’amore. Così quello che è nato come un inganno sociale si trasforma nell’unione vera di due esseri.
Il piacere dell’Onestà è uno dei testi più grotteschi di Pirandello, nel quale con straordinaria maestria, attraverso il meccanismo del paradosso, l’autore mette in risalto le tematiche che gli sono care.

Ci muoviamo costantemente circondati da immagini. Infinite immagini di come gli altri ci appaiono, di come noi appariamo a noi stessi e al mondo che ci circonda. Immagini di come vorremmo essere percepiti, di come gli altri vorrebbero essere visti da noi. Forme, involucri a cui l’uomo si aggrappa disperatamente per ancorarsi ad un senso del proprio essere. Il dibattersi grottesco dell’essere umano nel tentativo di rinchiudere la sostanza della propria persona in una forma riconoscibile che ne sancisca una verità. Non importa come e non importa a che prezzo.

Fosse anche la limpida e chiara onestà di una menzogna costruita a tavolino, di comune accordo. Per sopravvivere. Con la consueta causticità e maestria delle dinamiche teatrali Pirandello ci accompagna all’interno di un salotto borghese, luogo principe dell’ipocrisia e dell’immagine, e ci mostra con un limpido paradosso la drammatica e ridicola difficoltà di essere radicalmente e compiutamente se stessi.

Alessandro Averone

Dal palco fluisce un’enfasi che evidenza il fine non naturalistico della messa in scena, finalizzata più a evidenziare i contrasti e a cercare reazioni dalla platea che a seguire una netta obbedienza filologica: colpisce, in particolare, il conflitto fra classi sociali, qui evidenziato, ancora una volta, in primis dalle scelte di costume e di tecnica attoriale.

Clizia Riva