Incapace di altre impressioni se non che sono solo qui dentro, che fa freddo quaggiù, che le stufe sono fredde, che i carrelli sono rigidi e arrugginiti. L’umidità cola dalle pareti nere. C’è un’apertura, una porta. Si giunge a un’altra stanza. Una stanza assai allungata, la misuro coi miei passi. Venti passi di lunghezza, cinque passi di larghezza, le pareti imbiancate e grattate. Il pavimento di cemento logoro, pieno di pozzanghere. Nel soffitto, massicce travi portanti e in mezzo quattro aperture quadrate che passano come pozzi attraverso il cemento massiccio. Sopra hanno dei coperchi. Fa freddo. Il mio alito davanti alla bocca. Molto in lontananza voci, passi. Cammino lentamente attraverso questa tomba. Non ho sentimenti.
Peter Weiss
L’Istruttoria di Peter Weiss è stato messo in scena a Teatro Due per la prima volta nel 1984 con la regia di Gigi Dall’Aglio.
Da quasi quarant’anni questo straordinario oratorio viene rappresentato al Teatro Due. Ogni anno il rito del Teatro si compie e gli attori accompagnano le diverse generazioni nell’Inferno di Auschwitz, in un viaggio-tragedia della Storia contemporanea in cui non può compiersi nessuna catarsi.
L’Istruttoria è un pezzo importante della storia del Teatro Italiano e un unicum: è il solo spettacolo in Europa replicato ininterrottamente dal 1984; ha superato le 1100 repliche ed è stato visto da più di 170.000 persone. Un allestimento che non invecchia e che ha conosciuto importanti tournée in Italia e all’estero con episodi memorabili quali la messa in scena all’Habimah National Theatre di Tel Aviv in Israele, dove il testo non era mai stato rappresentato.
Lo scopo della regia teatrale era di far sì che il pubblico si allontanasse dalla più consueta percezione visiva dello spettacolo e recuperasse piuttosto una dimensione rituale che in generale consente al teatro di realizzarsi nel suo specifico ed, in particolare nel caso dell’ Istruttoria, di sviluppare al massimo il senso tragico del contenuto. Per la versione televisiva ho creduto opportuno far rivivere al pubblico davanti allo schermo sia la materia nella sua cruda ed impietosa oggettività, sia immergerlo nella dimensione rituale del tragico, facendolo partecipe di un atto che si consuma dal vivo. Si sono utilizzate, per esempio, riprese soggettive dell’attore che, dichiarando così la sua partecipazione concreta all’evento, trasforma in “controcampo” tutte le riprese rivolte verso la scena e le trasforma in autentiche soggettive del pubblico teatrale con cui lo spettatore televisivo è invitato ad identificarsi.
Gigi Dall’Aglio