lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
locandina
lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
lo straniero francesco bocchi
ph. Francesco Bocchi

Lo straniero di Albert Camus è un capolavoro assoluto. È un romanzo che, sotto una forma narrativa semplice, essenziale e solo apparentemente naturalistica, è librato su un’astrazione assoluta, è il tempio dell’assurdo. Per Camus, che lo pubblicò nel 1940 in piena guerra mondiale, la vicenda di Mersault che uccide senza sapere il perché, che è indifferente alla morte della madre e che ha un rapporto tutto particolare anche con la bella Marie e che è indifferente all’amicizia di un piccolo delinquente come il vicino di casa Syntès, non è che è una metafora della vita di tutti gli uomini del mondo.
Lo straniero, bestseller mondiale, valse a Camus ancora giovane (era nato ad Algeri nel 1913) il premio Nobel per la letteratura. Il Teatro Stabile di Parma nel 1999 insieme al regista Franco Però mise in scena l’adattamento teatrale del famoso romanzo a cura di Robert Azencot con la traduzione di Enzo Siciliano. Dopo il debutto nel 1999 a Parma lo spettacolo ha affrontato una lunghissima tournée che lo ha visto presente in molte piazze italiane e ospite della 18ª edizione del Fajr Theatre Festival, organizzato dal Dramatic Art Center di Teheran.

LO STRANIERO, di Albert Camus

streaming dal 25 luglio, ore 20:30 al 28 luglio 2020 
ph. Francesco Bocchi

Lo straniero all’International Fadjr Theatre Festival di Tehran (04.02.2000)

Va in scena la Persia

di Luca Fontana

Come ci si prepara a un viaggio in Iran? Il Paese che in questi ultimi vent’anni è stato «costruito» a perfetta immagine di nemico del «nuovo ordine mondiale». Tale da apparirci come un pianeta di un altro sistema solare. E che solo da poco, grazie alla sottile diplomazia del dialogo e del sorriso del presidente Khatami, incoraggia avvicinamenti meno offuscati da pregiudizio e sospetto. Lo spirito migliore in cui partire dovrebbe essere perfettamente simmetrico a quello di Usbeck e Rica, i due personaggi di Montesquieu. Nella prima delle Lettere persiane, scrive Usbek all’amico Rustan a Isfahan: «Tra i persiani Rica e io siamo forse i primi a uscire dal nostro Paese per desiderio di apprendere, rinunciando alle dolcezze di una vita tranquilla per andare con fatica a cercare la saggezza. Sebbene nati in un regno prospero, non abbiamo ritenuto che i suoi confini dovessero segnare anche i limiti della nostra conoscenza, e che ci dovesse illuminare solo la luce dell’Oriente».
Dal 27 gennaio al 10 febbraio, Giorgio Gennari, direttore del Teatro Festival di Parma, e io, saremo al Festival Internazionale del Teatro di Teheran. Andremo a scoprire una tradizione che sinora conosciamo per sentito dire e della letteratura secondaria. Se così viva è la cultura iraniana contemporanea che ci viene rivelata dall’unica arte nota in Italia, il cinema, è da attendersi che anche il teatro ci riserverà vive sorprese. 

(tratto da Il diario della settimana, 01.02.2020) 

La bella gioventù

di Luca Fontana

Quelle che qui seguono sono note trascritte da un taccuino di viaggio privato. Rielaborate quel tanto che serve per passare dal discorso con se stessi alla comunicazione con gli altri. Sono stato in Irán (andrebbe pronunciato così) dal 27 gennaio al 10 febbraio. Di rado, forse mai, un Paese, tra i tanti che ho visitato, e la sua gente hanno avuto me impatto emotivo più forte. Di rado, ho provato più immediato e sempre crescente affetto per la gente che ho incontrato in un Paese che prima mi era ignoto. E ne sono stato ricambiato, con affetto, cortesia, ospitalità mille volte superiori a quelle che io ero capace di dare.

Beato in quell’alba essere vivi / Ma esser giovani era il Paradiso. Sono versi di Wordsworth che mi canto in testa di continuo da quando sono arrivato in Iran, per dar voce alla commozione che mi ha colto, e sempre cresce, all’incontro con la gioventù di questo Paese. Loro, ragazze e ragazzi, sono una trentacinquina di milioni, tra i quindici e i venticinque anni, la metà del paese, e dieci milioni di loro compiono studi superiori. E il loro paradiso risuona di speranze enormi e grandi angosce.
Ogni giorno, al Festival Teatrale di Tehran, ne vedo, ne incontro, dieci, ventimila. Il pubblico sono loro. Basta che negli intervalli mi sieda su un panchina del parco in cui sorge il centro dove si svolge il Festival, Sala della Città è chiamato, e loro arrivano. Soli, o in gruppo, ragazzi, e ragazze. «Di dove sei?» prima chiesto in farsi, poi subito in inglese. Cortesissimi: «Posso sedermi?», e subito inizia la conversazione. Facile, perché tutti parlano inglese, dal decente all’ottimo. E via domande, a scroscio. Sulla situazione politica in Europa, e in Italia, di cui sembrano sapere tutto. Sulla letteratura recente o remota, europea e italiana, di cui sembrano letto tutto. Sulla situazione delle donne in Europa, son le ragazze le prime a chiedere, ma interessa tanto anche ai ragazzi. E tutto con fervore, una freschezza di mente e di cuore che mi costringe spesso a reprimere una commozione che li imbarazzerebbe.

ph. Francesco Bocchi