GEORGE DANDIN

Molière

Scritta (1668) negli anni dell’estrema maturità, quando ormai aveva abbandonato quasi del tutto l’uso del verso a favore di una prosa stilizzata che perfettamente definisce il personaggio, senza cadere in caratterizzazione naturalistica, George Dandin ou le Mari confondu è una delle commedie in apparenza più semplici e in realtà più ricche e profonde di Molière. Il tema di partenza è quello tradizionale della farsa sul cocu, il cornuto, e l’azione si costruisce attraverso la successione, in repertorio ragionato, di tutti i meccanismi, le gag, i tormentoni della farsa classica. Ma ad agire sulla scena Molière mette personaggi che proiettano da subito, al loro primo apparire, quel sentimento di verità costruito per tocchi lievi che è una delle ragioni prime della sua grandezza di drammaturgo. Ne potrebbe nascere una disarmonia insuperabile, un mal risolto anfibio drammatico. Il miracoloso risultato è invece qualcosa per cui non basta la definizione di commedia neratragedia comica sarebbe forse più vicina all’essenza del Dandin.

Luca Fontana

george dandin le moli 2001

GEORGE DANDIN
di Molière
traduzione
Luca Fontana
con Roberto Abbati, Paola De Crescenzo, Paolo Bocelli, Tania Rocchetta, Andra Benedet, Laura Cleri, Francesco Siciliano, Cristina Cattellani
scene Tiziano Santi
costumi Giovanna Avanzi
luci Claudio Coloretti
regia Walter Le Moli

debuttato il 24 marzo 2001

George Dandin è una delle più enigmatiche e misconosciute opere di Molière. Infatti, nessun altra commedia molieriana ha sofferto come questa, non già dei giudizi negativi, ma del più negativo dei giudizi, che consiste nel non essere riconosciuta per quello che è. Chiamato a scrivere quest’opera dal Re Sole per i festeggiamenti che si dovevano tenere a palazzo per la vittoria ottenuta dal Condé contro la Spagna e i suoi alleati della Triplice, trionfo che – consacrato il 2 maggio 1668 dalla pace di Aquisgrana – consegnava alla Francia le Fiandre meridionali, Molière si mette al lavoro per quello che sarebbe stato chiamato Le Gran Divertissemente royale de Versailles. Sarebbero venuti a Versailles il Nunzio Apostolico, gli Ambasciatori di Venezia e del Piemonte, i cardinali di Vendôme e di Retz, e tutto il bel mondo. Un evento di cui parlarono anche i giornali.
Molière prende la vicenda da una sua vecchia farsa, una di quelle che egli recitava in provincia negli anni dell’apprendistato e nel primissimo periodo parigino, La gelosia dell’impiastricciato, e la rielabora apportando significative modifiche. In primo luogo, reduce da un avere propria conversione formale, abbandona il verso e, con rare accezioni, d’ora in poi scriverà solo opere in prosa; altra novità è la costruzione, intorno alle vicende dello sfortunato protagonista, di un intero universo sociale, un mondo nel quale l’infedeltà della moglie è considerata una sorta di diritto acquisito. La vicenda, infatti, narra di Dandin, un contadino arricchito che ha avuto la malaugurata idea, spinto da un’ingenua ambizione, di sposare una damigella nobile salvando la famiglia della sposa del fallimento economico. Ovviamente ne ottiene inevitabili corna, ma quel che è peggio è che non ha nemmeno la possibilità di dimostrarlo. Essendo di una classe inferiore, Dandin subisce la forza dell’influenza sociale, che è tale da divenire convinzione interiore e vincere l’evidenza della verità.
Ed è qui che la farsa, come nelle cose più alte di Molière, sembra realizzare una volontà fatale: Dandin ha torto per principio ed è impossibile che gli riesca di uscire dal labirinto in cui si è cacciato; anche se scoprisse Angelica a letto con Clitandro avrebbe torto ugualmente e avrà sempre torto fino alla fine dei tempi. In scena, dunque, il piacere barbaro di accanirsi contro un povero diavolo, piacere che raggiunge il massimo della crudeltà quando Dandin è costretto, alla fine, ad inginocchiarsi e a richiedere perdono ai suoi stessi aguzzini.
Nell’allestimento di Le Moli, gli interpreti di questa satira, a suo tempo necessariamente accusata di immoralità, si aggirano in una scenografia che riprende un esterno con sul fondo la parte frontale di una casa, e tutto illuminato solamente dalla luce di numerose candele, proprio come ai tempi di Molière.

GEORGE DANDIN, di MOLIÈRE

streaming dal 20 al 22 novembre 2020 

GALLERY

foto Tommaso Le Pera

Dandin sa, vede, tocca con mano che la moglie lo tradisce, ma ogni volta che tenta di dimostrare il tradimento ai genitori della moglie e al mondo – per tre volte, una per atto; e qui il meccanismo di una medesima situazione che si ripete a tormentone viene ad acquistare il senso di una sorta di “fato comico”-si scontra con un’impossibilità tragica: la sua parola, di uomo socialmente inferiore, non vale nulla contro quella della classe dei potenti. Più ancora del tradimento, brucia a Dandin di non riuscire a dimostrarlo, di non avere alcun potere per dimostrarlo, di vivere in casa propria quella crudele disparità tra vincitori e vinti, tra ragioni dei vincitori e ragioni di vinti che intesse la società umana. Nella sua disperata ricerca di verità Dandin perde se stesso perdendo ogni sentimento della propria dignità. E tutto questo raggiunto con una tale felicità di tocchi comici che è impossibile non ridere di cuore delle sventure del povero Dandin – delle quali, lucidamente, accusa solo se stesso: Tu l’as voulu George Dandin! Tu l’as voulu… frase divenuta proverbiale in francese – e altrettanto di cuore vergognarsi della nostra crudeltà di spettatori.

Luca Fontana