GYULA
una piccola storia d’amore

scritto e diretto da Fulvio Pepe

con
Gyula Ilaria Falini
Signora Eliza Orietta Notari
Bogdan Gianluca Gobbi
Adi Enzo Paci
Messi Roberto Serpi
Yuri Nanni Tormen
Viku Ivan Zerbinati
Nina Alessia Bellotto
Maestro Jani Antonio Zavatteri
Tania Laura Cleri
Il governatore Massimiliano Sbarsi

regista assistente Carlo Orlando
spazio scenico Mario Fontanini
luci Pasquale Mari

direttore di scena Chantal Viola
elettricista Davide Sardella
macchinista Maurizio Mangia
suoni Andrea Romanini
realizzazione costumi Simone Jael Hofer, Chiara Teggi

produzione Fondazione Teatro Due

Spazio Grande

11 febbraio 2017, ore 20.30
domenica 12 febbraio, ore 16.00

Acquista il biglietto

Gyula Una piccola storia d’amore è uno spettacolo che funziona, ha gli ingredienti giusti per divertire e commuovere, sa tenersi in delicato equilibrio fra malinconia e comicità, sentimentalismo e realismo magico. Fulvio Pepe costruisce un testo ben scritto, che ben definisce l’ambiente e le figure dei vari personaggi, tratteggiati in modo tale da parere immediatamente vecchie conoscenze così che lo sguardo dello spettatore si muove in quella piccola comunità come se fosse di casa. Insomma in Gyula tutto funziona, gli attori sono ben coesi, ma ciò che conta è la coralità di un mondo piccolo e che nel suo Gyula ha l’inattesa molla di un riscatto e una felicità insperati. A fronte dell’aspetto estetico e dell’effetto della messinscena sulla platea, Gyula è il bel segno di una politica artistica di Fondazione Teatro Due che sta dando spazio a giovani registi e drammaturghi per progetti di messinscena anche ambiziosi per numeri di interpreti. Gyula arriva dopo Hikikomori. Metamorfosi di una generazione, in silenzio diretto da Vincenzo Picone, due produzioni che puntano sulla creatività e voglia di mettersi in gioco di nuovi registi, insomma una progettazione del futuro di cui va dato merito alla direzione artistica del Teatro Due. E di questi tempi non è cosa da poco.                                                                                                                                    

Nicola Arrigoni

Gyula è il portatore di felicità, di speranza, di fiducia nel genere umano. Denso di gesti quotidiani, di stati d’animo coinvolgenti, tra personaggi drammatici, buffi e stralunati, e con squarci di intelligente ironia e comicità, la pièce di Fulvio Pepe cesella drammaturgicamente una scrittura poetica senza cadere nella trappola del sentimentalismo, rivelando, senza retorica, come l’amore possa fare miracoli e cambiare i cuori. Un racconto in cui vince la coralità degli 11 interpreti, bravissimi, con in testa la toccante espressività di Ilaria Falini nel ruolo di Gyula.                                                                                                                                                                               

Giuseppe Distefano

Al suo esordio da regista e autore Fulvio Pepe ha creato con Gyula un piccolo gioiello, un racconto delicato, mai stucchevole, grazie al giusto equilibrio tra grandi sentimenti, miserie umane e umorismo. La storia scorre senza ostacoli, il pubblico ride, partecipa, si entusiasma; quel piccolo mondo attrae semplicemente al suo interno, nel cuore dei personaggi ai quali ci si affeziona già dalle prime battute, perché ognuno di loro ha una personalità compiuta, mai approssimativa, e ottima è la prova degli undici attori in scena. Si vede il mestiere di Fulvio Pepe, è chiara la scelta di costruire ogni personaggio e l’intera drammaturgia sul singolo interprete, come lui stesso spiega, ognuno col suo ruolo cucito addosso, su misura, in una idea di teatro come arte dell’attore.

Giulia Foschi – La Repubblica

Gyula è quasi una favola, immersa in un clima immaginifico, povero e puro. In un paese lontano, sospeso nel tempo e nello spazio, vive un ragazzo diverso, amorevolmente cresciuto e protetto da mamma Eliza; il vicinato è raccolto intorno a poche strade, un bar e una vecchia falegnameria. I personaggi di questa storia, divisi fra personalità pragmatiche, terrigne e caratteri eterei, poetici, conducono una vita semplice: Bogdan e Adi sono operai, Messi è capo cantiere, Yury fa il tranviere, Viku il barista, Nina l’ubriacona, il Maestro Jani è un violinista con l’artrite alle mani, sposato con Tania… Complici una serie di prodigiose coincidenze, Gyula, personaggio di lacerante purezza e di tenera ingenuità, riuscirà a incidere la grevità della realtà che lo circonda, divenendo l’artefice di un piccolo, grande miracolo che convincerà tutti che è possibile librarsi in alto e credere che esista sempre un’altra possibilità. Con questi elementi, Fulvio Pepe mette in scena le piccolissime avventure della vita quotidiana di una comunità: le speranze, i timori, le gioie, persino l’amore si raccolgono in una storia popolare, nel senso più alto del termine, in una favola minima e poetica che riesce a parlare agli spettatori, rivelando in pochi tratti un intero universo. Protagonista assoluta di questo vivace racconto corale è la piccola storia d’amore del sottotitolo, quella fra la madre e il figlio disabile, ma anche quella fra l’autore del testo e la musica, elemento che attraversa la narrazione e permea di sé lo spettacolo.

Fulvio Pepe è stato in scena a Teatro Due anche lo scorso dicembre con lo spettacolo Il Mercante di Veneziadi Valerio Binasco, con il quale ha recitato in numerosi spettacoli, a partire da Cara Professoressa, prodotto da Fondazione Teatro Due nel 2002, per arrivare a La Tempesta, ospitato nelle scorse stagioni.

C’è qualcosa nella musica che mi ricorda l’amore materno: la musica mi spoglia e fa emergere strati nascosti di me, mi rende spudorato. Ecco, credo che la spudoratezza sia la manifestazione dell’amore verso la verità, e non c’è niente di più vero dell’amore di una madre per il figlio. Gyula richiama la struttura narrativa di una favola, una sorta di grammatica infantile che trova il suo culmine in un lieto fine nato quasi involontariamente. Nella scrittura sono stato guidato dalla volontà di scrivere belle parti, gustose e croccanti da recitare per attori di cui conoscevo già le caratteristiche e con cui desideravo lavorare. Lo spazio di Teatro Due è stato l’alveo naturale di un processo di creazione che mi ha portato a constatare come un’opera dell’ingegno diventi naturalmente patrimonio di tutti: essermi trovato a scrivere e dirigere uno spettacolo, da attore quale sono, mi ha fatto acquisire un cambio di prospettiva, rendendomi conto che il testo appartiene tanto di meno all’autore quanto più appartiene agli attori in scena. Da regista, è stato proprio questo il primo miracolo di Gyula: avermiproiettato verso una dimensione più matura del mio lavoro.

Fulvio Pepe

VEDI ANCHE