Theresienstadt assicurerà la propria esistenza solo se si impegnerà radicalmente nel lavoro. Non bisogna parlare ma lavorare. Nessuna speculazione. Siamo come una nave che aspetta di entrare in rada perché una barriera di mine le impedisce di farlo. Solo il comandante conosce lo stretto passaggio che conduce in porto. Non deve fare attenzione alle luci ingannevoli e ai segnali che gli vengono inviati dalla costa. La nave deve rimanere dove è ed attendere ordini. Dovete aver fiducia nel vostro comandante che fa tutto ciò che è umanamente possibile per assicurare la sicurezza della vostra esistenza.

Paul Eppstein
secondo Decano del campo di concentramento di Theresienstadt
Theresienstadt, 1944

Himmelweg, di Juan Mayorga – (ph. Lamanna, 2014)

Quando ho letto per la prima volta i testi di Juan Mayorga tradotti in italiano ho avuto la sensazione che il Teatro avesse trovato la chiave per chiudere la grande tradizione drammaturgica del secolo scorso e aprirne una nuova nel terzo millennio dove, ai toni lucidamente disperati di una lingua drammatica ellittica e allusiva, si sovrappone la consapevolezza della necessità di una ricollocazione, se non scientifica almeno filosofica,  delle follie di una Storia accelerata, globalizzata e quindi con tendenza a presentarsi come esaustiva.

Juan Mayorga è membro di un gruppo presso l’Instituto de Filosofía del Consejo Superior de Investigaciones Científicas che lavora sul tema de La filosofia dopo l’Olocausto [Filosofía después del Holocausto: Vigencia de sus lógicas perversas]. Questo territorio di indagine gli fornisce un punto di osservazione per cercare di fare, di un tragico fenomeno epocale, uno strumento per indagare sulle responsabilità dell’uomo nel presente. Himmelweg è il momento teatrale di questa riflessione e qui si incontrano e si scontrano tre condizioni di un nodo del pensiero chiaro da un punto di vista etico, complesso e contraddittorio dal punto di vista del nostro operare quotidiano. Ci sono tre figure: simboliche e paradigmatiche che coprono l’arco delle tre condizioni umane partecipi di un mondo dove ognuno occupa una posizione emblematica. La posizione di chi guida il gioco nell’idealistica illusione di aggiudicarsi il diritto di manipolare la vita degli altri come se fosse una proiezione della propria soggettività e quella, all’inverso, di chi vive l’esperienza di una vita reale che, pur priva di mezzi adeguati, si rifiuta di essere vissuta nel disegno di un altro, ma conserva l’illusione di poterla controllare attraverso gli strumenti che gli vengono concessi. Infine la posizione di chi, assunto nella posizione di arbitro, non sa trovare in sé stesso gli strumenti per indagare al di là di un mondo illusorio di cui intuisce la falsità, ma aspetta sempre dall’esterno, in questo caso dalle vittime o dai carnefici, l’autorizzazione a spingere oltre la sua indagine.

Il lavoro degli attori, interpreti di questi tre stati della condizione umana, circondati da un mondo di “ombre” (in questo caso cinematografiche) che, come nella caverna di Platone, sono solo il riflesso di un mondo reale e sfuggente, si può appoggiare all’ardita scrittura metateatrale di Mayorga che li costringe a muoversi, con la coscienza, nel mondo dei nostri affetti quotidiani e, con la ragione, negli ambigui ed espliciti meandri della finzione teatrale. E così, come materialmente è avvenuto nella Storia, vediamo materialmente in Teatro, fallire un disegno sostenuto dalla forma equivoca dell’ideologia quando questa cerchi di dedurre la vita da una sua espressione metaforica  affidando il suo successo  al tragico tentativo di controllarne totalmente le sue componenti reali, cosa che invece, di fatto, può avvenire puntualmente con successo sulla scena. Ma quando ci sfugge la dimensione ludica, circoscritta e simbolica del teatro, la Vita vissuta come Teatro, rischia di diventare (prendo in prestito Pasolini quando parla di Hitler) il trionfo dell’Irrealtà.

Gigi Dall’Aglio
Note di Regia

HIMMELWEG, di JUAN MAYORGA

streaming dal 27 gennaio 2021

IL TEATRO DI JUAN MAYORGA A FONDAZIONE TEATRO DUE

Nel marzo del 2017 Fondazione Teatro Due ha dedicato un focus sulla drammaturgia di Juan Mayorga. Tutti diretti da Gigi Dall’Aglio, sono stati messi in scena i testi Himmelweg Hamelin e alcuni dei brevi atti unici raccolti sotto il nome di Teatro para Minutos.

GALLERY – cast 2014

foto Michele Lamanna

IL CAMPO DI TEREZIN (Theresienstadt, Repubblica Ceca)

Il 23 giugno 1944, in seguito alle proteste del governo danese che dall’ottobre 1943 chiede notizie sul destino degli ebrei catturati a Copenaghen, Adolf Eichmann accorda una visita al campo ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale al fine di dissipare le voci relative ai campi di sterminio. Per eliminare l’impressione di sovrappopolazione del campo e nascondere gli effetti della malnutrizione, 7.500 ebrei giudicati “impresentabili” vennero deportati verso un tragico destino ad Auschwitz alla vigilia dell’arrivo della delegazione della Croce Rossa. L’amministrazione del campo si occupò inoltre di costruire falsi negozi e locali al fine di dimostrare la situazione di benessere degli ebrei di Theresienstadt. I danesi che la Croce Rossa visitò erano stati temporaneamente spostati in camere riverniciate di fresco e non più di tre per camera. Gli ospiti poterono apprezzare l’esecuzione dell’opera musicale Brundibar (scritta dal deportato Hans Krása) eseguita dai bambini del campo.
La mistificazione operata nei confronti della Croce Rossa fu così riuscita che i tedeschi girarono un film di propaganda a Theresienstadt le cui riprese iniziarono il 26 febbraio 1944. Diretto da Kurt Gerron (un regista, cabarettista e attore ebreo apparso con Marlene Dietrich nel film L’angelo azzurro), esso era destinato a mostrare il benessere degli ebrei sotto la “benevolente” protezione del Terzo Reich. Sotto minaccia nazista, in cambio del film, il regista ebbe la promessa d’aver salva la vita. Dopo le riprese la maggior parte del cast, e lo stesso regista, vennero deportati ad Auschwitz dove Gerron e sua moglie vennero uccisi nelle camere a gas il 28 ottobre 1944. Il film completo non venne mai proiettato ma alcuni spezzoni vennero utilizzati dalla propaganda tedesca ed oggi ne rimangono solo alcuni frammenti.

pianta terezin himmelweg
foto Michele Lamanna

Quando ho affrontato la storia di Rossel [Maurice] nel testo teatrale Himmelweg, ho provato ad esplorare tre temi differenti: la responsabilità di un uomo la cui missione è aiutare le vittime e finisce per diventare complice degli aguzzini, l’invisibilità dell’orrore – non è la maschera ad ingannare il Delegato, ma la sua incapacità di vedere – e la perversione di costringere le vittime a essere parte del piano del loro carnefice.

Juan Mayorga, Europa gris: variaciones sobre un tema de Primo Levi
in Elipses: ensayos 1990-2016 (La Uña Rota, 2016)