LA RAGAZZA SUL DIVANO

di Jon Fosse
traduzione Graziella Perin

SPAZIO GRANDE
27 e 28 marzo, ore 20:30

con Pamela Villoresi, Valerio Binasco, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri, Giulia Chiaramonte, Fiammetta Bellone

scene e luci Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
suono Filippo Conti
video Simone Rosset

regia Valerio Binasco

produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Biondo di Palermo
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Colombine Teaterförlag

dalle Note di regia di Valerio Binasco:

Il tema principale de La ragazza sul divano è l’abbandono. In molte opere di Fosse torna, come un sogno ricorrente, una donna che aspetta il ritorno di un uomo che è partito per mare e non è più tornato. In questa pièce i quadri che la Donna dipinge sono il punto di vista di chi guarda una nave partire e svanire verso un orizzonte ostile, simbolo di una minaccia che non riguarda solo il mare, ovviamente. Ma si può anche cercare in quel dipinto la simbologia di una nave che si lascia alle spalle la tempesta. Il dipinto simboleggia il Padre che se ne va verso la sua idea di vita (il mare); la figlia, rimasta sola, reclusa nella vita d’appartamento, è percossa dal mare di un’acerba femminilità, così come da quella tempestosa della madre e da quella autodistruttiva della sorella. Il dipinto è incompiuto, come è giusto restare – incompiuti – se si vuole parlare dell’attesa: chi aspetta resta sospeso, come sospesa è la sofferenza purgatoriale dell’eterna attesa di un padre che non ritorna mai.

Le ragioni che mi spingono a insistere con un autore come Jon Fosse sono misteriose anche per me. Il suo stile ossessivo e minimale mi seduce, punto e basta. Credo che la sua qualità principale sia il suo ritmo. Questo ritmo, nonostante appaia lento o addirittura inerte, in realtà non è mai “in battere”, ma al contrario possiede un andamento ossessivamente “in levare”, anche e soprattutto quando l’azione sembra procedere con esasperata lentezza. È un ritmo poetico, lieve: non so gli altri, ma io sorrido sempre mentre leggo le sue tristissime storie. Non penso che Fosse stia parodiando il suo tema o che ammicchi ironicamente tra le righe. Il suo ritmo è splendidamente scenico, e ciò che è scenico è sempre festoso, pieno di humor. C’è sempre un profondo senso dello humor nel procedere “in levare”. Nel caso di Fosse è il sense of humour del jazz.

ph. Virginia Mingolla

ph. Lorenzo Barbieri