“Il traduttore teatrale innamorato sa che la destinazione del suo lavoro è duplice: la bocca dell’attore, l’orecchio dello spettatore.
La sua ambizione: produrre nel pubblico l’incanto che ha provato lui/lei di fronte alla grandezza di un testo.“
Pene d’amor perdute, lo spettacolo di Fondazione Teatro Due diretto da Massimiliano Farau, torna in scena dal 28 ottobre al 5 novembre 2023 dopo il grande successo e l’entusiastica accoglienza della passata Stagione; in particolare, questo spettacolo è stato uno dei titoli che più di tutti ha attirato e divertito un pubblico davvero eterogeneo, non solo dal punto di vista anagrafico. Merito senza dubbio della sensibilità del regista che ha saputo portare alla luce le qualità di ciascun interprete; merito anche, come sottolineato da molti, della splendida traduzione di Luca Fontana, probabilmente la migliore in Italia di questo testo, che ha il pregio di restituire intatti i molteplici strati di significato della drammaturgia, le sfumature – spesso equivoche – delle parole, la musicalità dei versi.
Luca Fontana è stata una delle voci italiane più autorevoli ed esperte su William Shakespeare, oltre che sul teatro in generale. Alcune delle sue traduzioni rimangono, ad oggi, il modo migliore per approcciarsi e comprendere la complessità drammaturgica di questo autore.
Condividiamo un estratto della sua introduzione alla traduzione di Pene d’amor Perdute (Love’s Labour’s Lost, il titolo originale) o, come amava chiamarlo per sfuggire alla traduzione del titolo di calco dal francese, Doglie d’amor sprecate:
Love’s Labour’s Lost, per più di un verso, è una sorta di versione comica dei Sonetti, un elegante smontaggio per irrisione del linguaggio amoroso codificato dalle buone maniere e dalla cultura letteraria. Nelle sue lezioni americane su Shakespeare, W. H. Auden ne identifica subito il tema: “Le forme di cultura dominanti all’epoca di Shakespeare”, ossia l’umanesimo neoplatonico, le maniere cortesi, l’amor cortese e l’eufuismo”, quest’ultimo divenuto l’ostentato linguaggio concettoso delle classi alte. E di queste, la commedia si fa brillantemente beffa. “Tutto l’umanesimo e il sapere vengono presi in giro nel play, tutta la vita sociale è presa in giro, tutta l’arte è presa in giro – questa non è una satira ristretta a obiettivi specifici”. Auden ne coglie subito la chiusura formale: “Se non il più grande plays di Shakespeare, è certo uno dei più perfetti”. La struttura a specchio, con le quattro coppie che si formano, le bipartizioni per sesso e genere, e classe sociale, che sono in primo luogo distinzioni di linguaggio, fanno quasi pensare alla naturale algebra binaria determinata nell’opera in musica – per natura, verrebbe fatto di dire, non fosse un’astratta e raffinata convenzione – dai timbri vocali maschili e femminili. Così la versificazione rapida, il virtuosismo ritmico, il gioco divertito delle rime, ne fanno un ideale e perfetto libretto d’opera. E infatti le filiazioni che ha avuto nell’opera sono molte. Anche in assenza di testimonianze decisive, si può affermare con alta probabilità che dietro le perfette geometrie di Così fan tutte si intraveda Love’s Labour’s Lost.
Doglie d’amor sprecate contrappone due corti, la navarrese e la francese, maschile la prima, femminile la seconda, temporaneamente installate in un parco, un luogo verde dove una misura di sovvertimento dell’ordine è concessa; e, all’esterno dell’universo cortese, il villaggio popolato di straordinarie caratterizzazioni.
Parodia e pastiche sono le chiavi stilistiche del testo. Ma sono quasi sempre le donne a distruggere in stilizzata parodia il discorso fiorito degli uomini. D’ogni pretesa maschile al sublime le donne sono le sadiche distruttrici.
Tradurre o scrivere in rima è forse una branca dell’enigmistica, richiede cioè una passione innata e poi lungamente coltivata per i giochi di parole. Tanto più necessaria se si considera che Shakespeare non aveva alcun bisogno della raccomandazione postuma di Alexander Pope: il suono è nei suoi plays sempre “l’eco del senso”.
Come ho già detto a proposito dei distici rimati in fine di scena, spessissimo le due parole della rima implicano un corto circuito metaforico, per affinità, o contrasto, o per associazione latente lasciata alla mente dell’ascoltatore.
Mentre traducevo Love’s Labour’s Lost, mi era chiaro in mente che la velocità di parola, il ritmo che avrei voluto era quello vertiginoso della screwball comedy americana.
L’introduzione completa e la traduzione di Love’s Labour’s Lost sono disponibili nel volume Shakespeare come vi piace, Luca Fontana, Il Saggiatore 2009.