Il 7 dicembre 2015 Svetlana Aleksievič è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo. Introdotta da Sara Danius, segretaria permanente dell’Accademia Reale Svedese, ha tenuto un intenso discorso di premiazione, esposto in lingua russa, di cui riportiamo di seguito un breve estratto.

Prima Bielorussa a vincere questo prestigioso riconoscimento, Aleksievič, fin dagli albori della sua produzione, ha raccolto piccoli fatti veri di gente comune, mettendo al primo posto non l’evento, ma come la persona lo ha vissuto, inventando un metodo di indagine e inserendosi in un genere letterario, quello del romanzo-documentario, che ha però interpretato con uno stile unico, capace di dare conto di come vivono, amano e soffrono l’uomo e la donna comuni nel caos della Storia. I suoi oltre dieci libri, che lei stessa percepisce come un’opera unica, sono una sorta di diario del presente nel quale ha raccontato i principali eventi della fase finale dell’Unione Sovietica e del suo dissolvimento.

Per la sua denuncia del tradimento degli ideali socialisti, l’intrinseca smitizzazione dei presunti eroi del popolo che innerva la sua opera, Svetlana Aleksievič è invisa al regime del presidente Lukašenko, i suoi libri sono banditi nella sua patria d’origine e vive attualmente in esilio.

“Perché scrivo? Mi chiamano scrittrice di catastrofi, ma non è vero. Cerco sempre parole d’amore: l’odio non ci salverà, solo l’amore. E io ho speranza.”

Tempo di seconda mano, adattato per il teatro da Florian Borchmeyer, debutta in Prima nazionale il 25 marzo.