LITTORAL
di Wajdi Mouawad
traduzione di Giulia Pizzimenti
traduzione di Giulia Pizzimenti
con
Davide Gagliardini
Silvia Lamboglia
Luca Nucera
Gian Marco Pellecchia
Massimiliano Sbarsi
Francesca Tripaldi
Emanuele Vezzoli
scene Mario Fontanini
luci Luca Bronzo
regia Vincenzo Picone
assistente alla regia Mattia De Luca
produzione Fondazione Teatro Due
immagine di locandina di Elena Guidolin
Spazio Bignardi
18 novembre 2018, ore 16.00
22, 23, 24 e 28 novembre 2018, ore 20.30
Littoral (1997), insieme a Incendies e Forêt forma la trilogia Le sang des promesses che ha come centro nevralgico il tema dell’Eredità. Wilfrid, giovane protagonista di un viaggio di ricerca e di formazione, si ritrova inaspettatamente, nel mezzo della sua giovinezza, di fronte ad un compito inaspettato: seppellire il corpo del padre, un padre che non ha mai conosciuto. Inizia da qui un percorso ironico, grottesco e a volte surreale in cui il protagonista si muove nei meandri della sua memoria accompagnato da un fantomatico cavaliere – memoria della sua infanzia perduta, – da una troupe cinematografica, che continuamente interrompe la sua ricerca cercando di fissare i suoi ricordi in un montaggio filmico, e dallo stesso padre ormai defunto che lo accompagna verso il luogo della sepoltura, la terra natia dei suoi avi. Qui, in un luogo abbandonato e distrutto dalla guerra, Wilfrid incontra altri ragazzi come lui, altri giovani che hanno perso il Padre e che per diventare gli uomini di domani devono fare i conti col proprio passato. Attorno al protagonista di Littoral ruotano tre personaggi fondamentali della letteratura e del teatro occidentali: Edipo, Amleto, e il principe Myskin de L’Idiota: personaggi che portano sulle spalle, più o meno consapevolmente, il peso dell’Eredità.
Il testo di Wajdi Mouawad è una profonda riflessione su uno dei temi fondanti di ogni società, ovvero il rapporto fra Padri e Figli, fra Tradizione e Innovazione, fra Passato e Futuro; per questo, simbolicamente, il Padre rappresenta la responsabilità dello stare nel mondo, la linea guida, la direzione da intraprendere. Ma quale è oggi questa direzione? Che mondo ci hanno consegnato i nostri Padri? Quali sono le nostre responsabilità rispetto al domani?
Da queste riflessioni è scaturita la necessità di lavorare con un gruppo di attori molto giovani che giocassero tutto il testo dividendosi di volta in volta il percorso di Wilfrid, come se il suo processo di ricerca e di cambiamento fosse quello di tutta una generazione. Attorno a questi aleggia la presenza di un unico Padre, defunto, in cerca di essere perdonato e di una degna sepoltura.
Picone mostra di avere assorbito appieno la drammaturgia di Mouawad, cogliendone l’arcaica contemporaneità, ovvero la capacità di far convivere la tragedia greca – il modello è lampante – con l’epopea cavalleresca – quella eroica così come il suo ironico ribaltamento operato da Cervantes – con suggestioni kafkiane e con le inquietudini della contemporanea civiltà delle immagini e del consumo. Picone lascia che, quasi naturalmente, il testo riveli, battuta dopo battuta, le sue verità: le colpe dei padri non necessariamente ricadono sui figli ma è indispensabile che questi ultimi sappiano, con consapevolezza e senza rabbia, spezzare quell’invisibile cordone ombelicale che li imprigiona al destino dei primi. Seppellire per rinascere, pacificarsi con le proprie origini per riuscire a costruirsi un futuro autonomo. Ecco allora quella rituale scena finale che riesce, ancora una volta dopo duemila anni, a offrire un’autentica catarsi.
Laura Bevione
C’è voglia di un teatro che faccia mondo, che sappia raccogliere l’eredità di un passato, di una tradizione ma abbia anche la forza di guardare l’orizzonte e proiettarsi in un’avventura tutta sua, una possibile prospettiva di valore e di futuro. Dopotutto nella parola eredità c’è il senso di questo passaggio, così come nel termine tradizione c’è il significato di passare attraverso un’esperienza che trasforma per approdare a nuova vita. Ed è quanto accade in Littoral. In Littoral c’è tanta, tanta carne al fuoco che Vincenzo Picone e i suoi giovani attori dimostrano di saper assecondare, senza farsi travolgere. È questa un’abilità che permette al magmatico racconto di vivere sulla scena una sua pur roboante linearità narrativa che riesce a catturare un pubblico di giovanissimi che forse si rispecchia nel conflitto con il padre, ma anche nell’ansia di trovare una propria strada.
Nicola Arrigoni
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